Stimolo doloroso
Cosa succede, da un punto di vista scientifico, quando si riceve uno stimolo doloroso?
Lo stimolo doloroso, percepito alla periferia, in questo caso la mano, arriva al cervello attraverso tre aree fondamentali: il midollo spinale, il tronco cerebrale e il talamo. Il dolore è un segnale d’allarme ed è finalizzato alla difesa dell’integrità corporea mediante l’evocazione di riflessi di allontanamento dallo stimolo stesso che lo provoca.
Il dolore viene percepito alla periferia grazie alla presenza di particolari recettori detti nocicettori. Gli impulsi dolorosi arrivano al midollo spinale e da qui in due aree del cervello, il mesencefalo e il talamo, dove vengono attivate reazioni ormonali e fisiologiche (frequenza della respirazione, battiti cardiaci, pressione). Alla fine lo stimolo doloroso arriva alla corteccia cerebrale e la persona prende coscienza del dolore.
Il segnale di dolore viene elaborato dalla corteccia e la risposta viene inviata al midollo spinale con vie inibitorie discendenti che trasportano molecole chiamate neurotrasmettitori che permettono di controllare lo stimolo doloroso.
L’intensità dell’informazione dolorosa che arriva al cervello è la risultante di tutti i fenomeni eccitatori (trasmissione attraverso le vie ascendenti) e inibitori (modulazione discendente) che si svolgono nel sistema nervoso centrale. L’ inibizione con cui le cellule del tronco cerebrale sono in grado di modulare l’informazione dolorosa che proviene dal midollo spinale è un meccanismo fondamentale per il controllo del dolore stesso. È a questo livello che agiscono i farmaci oppiacei. Dopo che il talamo ha trasmesso lo stimolo doloroso dal midollo spinale alle varie zone della corteccia cerebrale, le cellule della corteccia cerebrale sono in grado di esercitare una potente azione di tipo inibitorio sull’attività dei neuroni talamici e, quindi, di ridurre l’intensità del dolore (Alessandro Vercelli e Marina Boido. Neuroanatomia Funzionale. Idelson Gnocchi, Napoli 2019).
Se il dolore è l’emozione più elementare che possiamo provare, il volto del fanciullo ci ricorda altre emozioni più difficili da inquadrare da un punto di vista scientifico quali l’ansia, la paura, il disgusto, il ribrezzo e perché no anche la sorpresa. In fin dei conti sino ad un attimo prima del morso il fanciullo con la mano “accarezzava” fiori. Le emozioni sono state a lungo trascurate da un punto di vista scientifico a causa del famoso “errore di Cartesio”. Il filosofo francese riteneva infatti che nel cervello fossero presenti solo le funzioni superiori dell’uomo quali moralità, ragione, linguaggio, mentre le emozioni fossero situate nelle parti basse del corpo così come l’istinto che l’uomo ha in comune con gli animali (Antonio R. Damasio. L’errore di Cartesio: emozione, ragione e cervello umano. Adelphi, Milano 1995).
E’ solo a partire dal XX secolo che le neuroscienze studiano e danno una diversa collocazione alle emozioni. La sede del sistema ” emozioni “, almeno per quel che riguarda la rabbia e la paura, è sita in una parte profonda del cervello chiamata amigdala. Questa struttura è in grado di valutare il significato affettivo degli stimoli che un individuo incontra, non solo quelli provenienti dall’ambiente esterno ma anche quelli interni provenienti da altre parti del cervello stesso quali pensieri, immagini e ricordi (Sevil Duvarci and Denis Pare. Amygdala microcircuits controlling learned fear. Neuron. 2014; 82(5): 966–980).
Il sistema cognitivo (l’intelletto) ha un controllo sull’emozioni tramite vie che dalla corteccia cerebrale vanno verso l’amigdala. Le emozioni quindi sono risposte biologiche degli esseri viventi agli stimoli ambientali e vanno distinte dai sentimenti, molto più difficili da inquadrare in quanto risultato dell’integrazione delle emozioni con la coscienza e quindi con la memoria e la rappresentazione del sè. Di conseguenza le neuroscienze si concentrano non sui sentimenti, che sono impossibili da studiare oggettivamente, bensì sulle emozioni e sulla loro base biologica.
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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