Paul Cézanne e Mont Sainte-Victoire: metamorfosi artistica o decadimento visivo?

Nell’ultimo periodo si sta molto parlando della preziosa collezione di Paul Gardner Allen, co-fondatore di Microsoft, che presto andrà all’asta con una stima davvero impressionante, oltre un miliardo di dollari. Tra le innumerevoli opere in vendita spicca la Montagne Sainte-Victoire di Paul Cézanne; l’opera, raffigurante un massiccio calcareo sito in località Les Lauves nei pressi di Aix en Provence in Francia.

Forse non tutti sanno che la montagna di Sainte-Victoire è assai ricorrente nella pittura di Paul Cézanne, la ritroviamo, infatti, in ben 44 pitture ad olio e 43 acquerelli. Il motivo di questa “ripetizione” è ben descritto in un aneddoto:

Un giorno un ragazzino chiede all’artista: Perché continui a dipingere sempre la stessa montagna? E Cézanne risponde: “Perché un uomo continua a pregare Dio? Per conoscerlo meglio. Io dipingo per conoscere la montagna, lo spettacolo che Dio dispiega davanti ai nostri occhi. Da ogni angolatura, in ogni istante, al sole, all’ombra, in ogni circostanza della vita. Non è mai la stessa e tuttavia è sempre la stessa e sempre buona, come Dio Padre. I pittori hanno bisogno di considerare il mondo il loro catechismo. E io lo dipingo per ricevere la benedizione del Padre” (Padre Virgilio Fantuzzi S.I. La ricerca solitaria di Paul Cézanne, Civiltà Cattolica 125, 554-565. 1974).

Tale “racconto” fa comprendere la ratio che sta alla base del lavoro dell’artista e dello studio della “montagna”. Infatti, nonostante si tratti di un tema costante, l’approccio dell’artista “alla montagna” è sempre diverso e innovativo, rappresentandola ogni volta da diverse angolazioni, dimensioni, punti di ripresa (più vicino o lontano dall’orizzonte); anche il tratto non è costante, passando da pennellate dense e ben strutturate a mosaici di macchie quasi evanescenti, da colori intensi ad acquerelli delicati. La “montagna di Sainte-Victoire” rappresenta, infatti, una vera e propria icona del cambiamento del modo di dipingere del grande artista post-impressionista. In particolare, secondo una corrente di pensiero la progressiva metamorfosi dello stile pittorico di Cézanne nel dipingere Montagne Sainte-Victoire è in stretta relazione con il suo stato di salute psicofisico e con i problemi visivi che lo stesso ha dovuto via via gestire (G.H. Hamilton, J. Rewald, F. Weitzenhoffer. The dying of the light: the late works of Degas, Monet and Cezanne. New York, NY: Abrams, 1984).

In effetti, se mettiamo a confronto la Fig. 1 Mont Sainte Victoire with large pin del 1887 con la Fig. 2 Mont Sainte-Victoire del 1902-1904 è impossibile non notare le differenze. Nella prima immagine percepiamo colori estremamente naturali, un’accentuata cura ai contorni e un’atmosfera assai realistica; nella seconda, invece, si nota una semplificazione della figura, i volumi sono scomposti e le campiture di colore sono più nette e geometriche. Le ultime tele rappresentanti Sainte-Victoire (una decina a olio, 17 ad acquerello), frutto della mano di un Cézanne più maturo e, allo stesso tempo, più esposto ai sintomi della malattia, sono dipinte dallo stesso punto di vista frontale presente nella fig. 2, con spostamenti a sinistra o a destra che sembrano corrispondere al movimento reale del pittore.

Fig. 1. Mont Sainte-Victoire with Large Pin, 1887, The Courtauld Institute of Art, London.
Fig. 2. Mont Sainte-Victoire, 1902-1904, Museum of Art, Philadelphia.

La progressiva evoluzione dell’espressività creativa dell’artista raggiunge il culmine con l’opera “Mont- Sainte-Victoire di Zurigo” (Fig.3), che rappresenta una delle ultime “montagne” di Cézanne: qui riscontriamo un tratto “frettoloso”, fitto di pennellate verticali, furiose, frante, quasi febbrili. Si ha l’impressione di guardare un’immagine fuori fuoco, un flusso disordinato di sensazioni. La visione è così sintetica che solo aguzzando lo sguardo nella tessitura cromatica si riconoscono le forme e i volumi; a prima vista, il quadro appare quasi astratto. Si coglie un vero e proprio cambiamento nel linguaggio dell’artista, potenzialmente influenzato – anche se non si può sostenere con certezza – dal peggioramento del proprio stato di salute, per effetto dell’invecchiamento e dell’acuirsi dei disturbi della vista.

Fig. 3. Mont-Sainte-Victoire vista da Les Lauves, 1904-1906, Kunsthaus Museum, Zurigo.

Non esistono documenti clinici riguardanti la salute di Cézanne; quel poco che si conosce deriva da documenti “informali”, come sue lettere, appunti di amici e conoscenti. Le lettere che l’artista scrisse durante i suoi ultimi sei anni di vita, dal 1900 fino alla sua morte nel 1906, descrivono come la sua salute stesse peggiorando (M.F. Marmor, J.G. Ravin. The artist’s Eyes. Abrams, New York, 2009), riferendo, in particolare, di una grave stanchezza, che gli impediva di riuscire a completare i quadri a cui stava lavorando, e di probabili alterazioni della vista. A dire di alcuni critici Cezanne soffriva di alterazioni retiniche dovute al diabete, probabilmente diagnosticato nel 1890 (Petar Ivanišević and Milan Ivanišević. Influence of Retinal Eye Diseases on Painting. Antropol. 39, 1: 243–246, 2015).

Anche dalle lettere degli amici non emerge un quadro clinico ed emotivo positivo. In una lettera del 1887 di uno degli amici di Cézanne allo scrittore Émile Zola, legato all’artista da una profonda amicizia venutasi però col tempo via via ad affievolire fino ad interrompersi, si legge che: “Cézanne è molto depresso e spesso tormentato da attacchi di malinconia” Paul Cézanne, Émile Zola, Lettres croisées, 1858-1887, édition établie, présentée et annotée par Henri Mitterand, Paris, Nrf Gallimard, 2016). La conferma di una visione compromessa è descritta anche da un altro biografo dell’artista (M. Doran. Conversations with Cézanne. University of California Press, 2001), che riporta una lettera di Cézanne che affermava “i miei occhi, i miei occhi…le linee rette sembrano a volte interrompersi…”.

Fig. 4. Autoritratto con cappello, 1879-1880, Kunstmuseum, Berna.

Tale ultima circostanza fa riflettere sulla possibilità che alcune delle caratteristiche “tardive” del suo lavoro siano il risultato di una scelta, piuttosto che di una necessità dovuta ad un impedimento. Alcune delle opere realizzate nella fase finale sono caratterizzate da una tela dipinta solo in parte e da una composizione abbozzata: non si tratta di “lavori” incompleti (appunto per la malattia), ma di vere e proprie anticipazioni dell’arte astratta del ventesimo secolo.  Non dimentichiamo che il modo di dipingere di Cézanne gettò le basi del passaggio dalla concezione ottocentesca dell’attività artistica ad una nuova e radicalmente diversa del XX secolo. Si dice che Cézanne  abbia costituito il ponte tra l’impressionismo della fine del XIX secolo e la nuova frontiera della ricerca artistica dell’inizio del XX secolo, il cubismo.

Fig. 5. Natura morta con mele e pesche, 1905, National Gallery of Art, Waschington.

È difficile sostenere che una visione compromessa impedisse a Cézanne di dipingere con il suo tradizionale stile. Un certo numero di nature morte dipinte nell’ultimo periodo, che rispecchiano da vicino le sue tecniche degli anni precedenti, dimostra infatti che le sue capacità pittoriche fossero ancora molto buone (Fig. 5).

D’altronde, come affermano Marmor e Fiore, è assai arduo separare i possibili effetti della disfunzione visiva da esplorazioni di stile che fanno parte della ricerca della perfezione di molti grandi artisti (M.F. Marmor. Vision, eye disease, and art. 2015 Keeler Lecture. Eye, 30, 287–303, 2016. C. Fiore. L’occhio dell’artista. Volumnia Editrice, Perugia, 2018). Peraltro, ai tempi di Cézanne, la possibilità di una perdita della capacità visiva con l’invecchiamento era un fatto inevitabile e spesso aveva una prognosi infausta, al contrario dei nostri giorni dove esistono diversi approcci terapeutici atti a preservare l’acuità visiva nell’età senile, così da garantire una qualità di vita migliore rispetto a quei tempi.

Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

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