L'occhio dietro al grilletto

Nel corso del nostro viaggio di conoscenza dell’Occhio attraverso la scoperta della sua anatomia e del suo significato simbolico nella storia, nella letteratura, nell’arte e nella cultura popolare, ci siamo spesso soffermati sulla sua straordinaria capacità di ricavare informazioni dall’ambiente circostante. Una funzione che potremmo definire “scientificamente aulica” proprio per l’ambiziosa missione di mettere in correlazione l’uomo con il Sapere. Quante volte, infatti, l’occhio diventa strumento privilegiato attraverso cui imparare e scoprire nuove informazioni sul mondo?

Pensiamo ad esempio all’occhio del ricercatore che si appresta ad osservare al microscopio una cellula, oppure agli occhi attenti di un critico d’arte che cerca di cogliere anche il più piccolo segno di un artista. Non sempre, però, questa meravigliosa lente d’ingrandimento sul mondo è messa a disposizione della cultura. A volte, al contrario, può addirittura diventare un crudele esecutore (Fig. 1), come quando prende la mira e con strumenti come l’arco o il fucile e colpisce la preda.

Fig. 1. Cacciatore, Pixabay.

La caccia con l’arco è una pratica utilizzata fin dai tempi più antichi. Uccidere per mangiare o per difendersi. Con l’avvento della polvere da sparo le frecce dell’arco sono state sostituite dalle pallottole con l’uso del fucile. Purtroppo come sappiamo con l’andare del tempo sia l’arco che il fucile non sono più stati utilizzati per sopravvivere bensì per colpire. Veri e propri strumenti di morte. Nella caccia così come nella guerra le armi sono impugnate dagli uomini che con l’occhio prendono la mira e premono il grilletto.

Prendere la mira: l’occhio dominante e l’Eye Relief

Due brevi cenni su cosa accade all’occhio quando prende la mira. In primo luogo, si esegue il puntamento di un bersaglio utilizzando sempre l’occhio dominante, cioè quello con cui ognuno di noi predilige osservare gli oggetti. Esistono molti test per comprendere quale sia l’occhio dominante. Forse quello più semplice ed anche più utilizzato è il cosiddetto “test di puntamento” che consiste nello stendere il braccio davanti a sè e coprire con il pollice un oggetto di piccole dimensioni posto a circa due metri di distanza. A questo punto, alternativamente, si chiude l’occhio destro e poi quello sinistro. Svolgendo questa prova in maniera corretta si nota che con un occhio l’oggetto risulterà coperto, mentre con l’altro scoperto. Ecco, l’occhio con cui si vede l’oggetto coperto è l’occhio dominante (Fig. 2).

Fig. 2. Occhio dominante, Canva.

In secondo luogo, per prendere la mira è necessario considerare la cosiddetta estrazione pupillare, in inglese Eye Relief, vale a dire la distanza a cui deve trovarsi l’occhio del tiratore rispetto alla lente dell’oculare, perché la visione del bersaglio sia ottimale Fig. 3. Tale distanza coincide anche con la distanza di focalizzazione della pupilla.

Fig. 3. L'estrazione pupillare è il punto in cui puoi vedere l'intera immagine.

Un’estrazione pupillare non correttamente dimensionata può costringere il tiratore ad assumere posizioni scomode o innaturali che disturbano il tiro stesso. Infine, occorre anche sfatare un mito: quando si prende la mira non è il bersaglio a dover essere messo a fuoco, ma il mirino.

La caccia agli animali nell’antichità

Nell’antichità, l’uomo era solito catturare ed uccidere gli animali con il fine di procurarsi cibo e pelli per nutrirsi e difendersi dal freddo. Inizialmente, non esistendo armi, la caccia era praticata per sfinimento, cioè gli uomini seguivano gli animali per lunghe distanze fino a che questi non fossero troppo esausti per continuare il loro cammino. Successivamente, le prime armi impiegate per la caccia furono quelle da lancio, come sassi, lance, archi e frecce. Inoltre, con l’avvento del linguaggio e della cultura, la caccia si trasformò ben presto in un tema ricorrente di storie, miti, proverbi, metafore ed aforismi tuttora conosciuti (Fig. 4). Nell’Antico Testamento in Genesi 21, 20 troviamo scritto: “E Dio fu con il fanciullo, che crebbe e abitò nel deserto e divenne tiratore d’arco”, come a voler celebrare il ruolo aulico e mitologico del cacciatore e del guerriero.

Fig. 4. Caccia, incisioni rupestri, Pixabay.

Attualmente la caccia per sopravvivere è praticata ancora solo da alcune popolazioni. Nelle società industrializzate ha però perso il fine del sostentamento, trasformandosi principalmente in un’attività meramente sportiva. L’arco ha lasciato spazio al fucile e alle pallottole, mettendo in netto vantaggio l’uomo cacciatore rispetto l’animale preda.

Come ben sappiamo non è solo l’occhio che prende la mira, ma sono anche il cervello, la mente e la coscienza. La scelta di scoccare la freccia o premere il grilletto diventa un atto consapevole dove l’uomo diventa un cacciatore senza cuore. Soprattutto se questo atto è compiuto non per reperire il cibo per vivere, ma per puro divertimento.

The deer hunter – Il cacciatore

Oltre ad essere un capolavoro da ben 5 premi Oscar, The deer hunter – Il cacciatore (Fig. 5) è un film del 1978 diretto da Michael Cimino che esemplifica perfettamente il binomio esistente fra l’occhio del cacciatore e la preda. In particolare, in questa pellicola lo spettatore resta profondamente colpito dalla celebre frase “Un colpo solo” che cerca di ristabilire l’equilibrio solitamente impari fra l’uomo e l’animale, incapace di difendersi a sua volta con un’arma.

Fig. 5. Robert De Niro in The deer hunter, Pinterest.

“Tu devi contare su un colpo solo” spiega nel film Mike (Robert De Niro), uno dei protagonisti. “Hai soltanto un colpo. Il cervo non ha il fucile, deve essere preso con un colpo solo altrimenti non è leale”. La frase “Un colpo solo” diventa quindi sinonimo di “un solo proiettile”, così da dare all’animale la possibilità di sopravvivere, che è proprio quello che fa Mike di ritorno dalla guerra in Vietnam, il quale si scopre profondamente cambiato ed incapace di uccidere la sua preda pur avendola sotto gli occhi.

“Scientificamente aulica” eppure al tempo stesso “spietatamente pratica e realistica” è dunque la funzione dell’occhio umano, in una dicotomia continua in cui il bene e il male fanno da contrappeso.

La testa si gira e aggiusta la mira, ragiona

A volte condanna, a volte perdona

(Fabrizio Moro)

Veronica Elia

Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

P.IVA 02128970031 – C.F. TRBGPP59D30E463K

Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154