L'occhio: da simbolo esoterico ad emblema dell'alta moda
Con il termine mòda (Vocabolario Treccani) si suole richiamare quel fenomeno sociale che consiste nell’affermarsi, in un determinato momento storico e in una data area geografica e culturale, di modelli estetici e comportamentali (nel gusto, nello stile e nelle forme espressive). Muovendoci in questo ambito un ruolo fondamentale è rappresentato dall’immagine. Dalla creazione di abiti ed accessori e nelle campagne pubblicitarie, tutto è finalizzato all’appagamento del senso estetico proprio dell’essere umano. Non c’è quindi da stupirsi come l’occhio e la vista giochino, in questo contesto, un ruolo fondamentale.
La moda rappresenta metaforicamente uno sguardo sul mondo, una lente di ingrandimento sugli usi e costumi della società di ieri e di oggi, in grado di evidenziare anche lo stretto legame con il ceto sociale di appartenenza. Emblematico il cambiamento del modo di vestirsi delle diverse generazioni nel corso del tempo. Ritengo tuttavia che il termine moda si sposi in maniera profonda con il genere femminile. Pensiamo, per esempio, quanto un bell’abito indossato da una donna sia in grado di esaltarne la bellezza e l’eleganza. In questo caso sono quantomai appropiate le parole della celebre scrittrice Virginia Woolf: “Per quanto sembrino cose di secondaria importanza, la missione degli abiti non è soltanto quella di tenerci in caldo. Essi cambiano l’aspetto del mondo ai nostri occhi e cambiano noi agli occhi del mondo”.
Da dove deriva questo stretto legame fra moda e occhio (Fig. 1)?
Nella storia dell’arte, che per molto tempo si è intrecciata con la storia delle religioni, l’immagine dell’occhio simboleggia il concetto di protezione divina, onnipresenza ed onniscienza. Secolo dopo secolo le sue rappresentazioni grafiche sono riuscite a contaminare anche il mondo della moda, che ha fatto proprie le varie “dimensioni” dell’occhio, sia fisica e sia allegorica. Così, l’occhio, soggetto apprezzato e ripreso all’interno di stampe, accessori, gioielli e brand, è diventato nel tempo il simbolo dell’idea creativa degli stilisti più visionari e pionieristici, arrivando ad interpretare in modo tangibile quel principio di onniscienza proprio sia dell’arte che della religione.
L’occhio come simbolo di protezione divina
Già all’epoca delle civiltà mesopotamiche l’uomo ha iniziato a percepire l’occhio come un simbolo divino (cfr. G. Trabucchi, L’occhio nell’Antico e nel Nuovo Testamento, Edizioni Mediabout, 2020 – “per le civiltà mesopotamiche gli occhi sono subito apparsi un simbolo divino tanto che i loro piccoli idoli avevano occhi immensi e, talvolta, ne avevano ben più di due”).
È, però, soprattutto nell’Antico Egitto che l’occhio diventa il simbolo indiscusso della protezione divina; basti pensare all’Occhio di Ra o Occhio di Horus (Fig. 2a), emblema di regalità, protezione e amuleto di grande aiuto nella rinascita a nuova vita dopo la morte. Successivamente, l’occhio è tornato a ricoprire perlopiù il suo ruolo di semplice elemento compositivo all’interno del volto, con qualche eccezione nella cultura greca dove acquisisce di tanto in tanto funzione protettiva contro la cattiva sorte.
Nell’iconografia cristiana del Rinascimento l’occhio arriva a sovrapporsi a quello di Dio e nel corso del tempo è stato spesso inserito all’interno di un triangolo equilatero, con riferimento al mistero della Trinità e alla perfezione del numero tre. L’occhio racchiuso in una piramide (Fig. 2b), “l’occhio che tutto vede”, è infine entrato a far parte nel Settecento dell’iconografia massonica. I massoni, infatti, attribuivano all’occhio un duplice significato: sul piano fisico rappresentava il Sole, su quello spirituale il Grande Architetto dell’Universo, cioè Dio. La piramide era invece la rappresentazione del potere sulla Terra, alla cui sommità si trovava una ristretta élite di persone “illuminate” dalla luce della conoscenza.
La leggenda dell’Occhio di Allah
In alcuni paesi come la Turchia e la Grecia l’occhio assume il significato di amuleto contro il malocchio (Nazar). Si tratta del famoso Occhio di Allah o Evil Eye (Fig. 3), spesso raffigurato su braccialetti, orecchini, anelli, portachiavi ed altri souvenir. La sua origine è associata ad un’antica leggenda, secondo cui un gruppo di turchi non riuscendo a spostare una grossa roccia in riva al mare decise di chiedere aiuto ad un uomo che si diceva fosse in grado di gettare il malocchio. Così, una volta giunto in prossimità della roccia, l’uomo esclamò: “Che grande roccia”. Dopo quelle parole si udì un forte boato e la roccia si spaccò frantumandosi sotto gli occhi dei presenti.
Il colore blu dell’amuleto sarebbe invece legato ad un’altra credenza popolare. Nelle Regioni del Mar Egeo si pensa che gli occhi azzurri portino sfortuna, in quanto tipici delle popolazioni del Nord Europa, le quali – secondo la tradizione greca e turca – spesso guardano il prossimo con invidia e risentimento. Per questo motivo l’Occhio di Allah viene regalato ai bambini appena nati per proteggerli dai sentimenti negativi. Quando l’amuleto si rompe significa che ha assorbito il malocchio ed ha terminato di proteggere la persona che lo portava sempre con sé.
Simboli esoterici nella moda: l’Occhio di Schiaparelli e Gucci
Progressivamente l’occhio come amuleto è entrato a far parte della quotidianità, diventando un tema ricorrente, per esempio, nell’oggettistica e nei gioielli, fino a diventare elemento stesso della moda. A partire dagli anni Trenta, negli stilisti più lungimiranti si sviluppa un approccio alla moda più astratto rispetto al passato: il concreto lascia spazio all’astrazione e a quello che sarebbe poi stato definito “l’occulto”. L’haute couture si appropria di alcuni simboli esoterici, così, solo per citare alcuni esempi, Dior rende evidente la passione per i tarocchi, Yves Saint Laurent realizza una giacca in omaggio alla sua provenienza da Dior, caratterizzata da stelle e costellazioni, e Ginvenchy ricrea una sua personale e contemporanea visione dello zodiaco.
Ed è proprio in questo contesto che si inserisce anche “l’occhio che tutto vede” che, con il suo significato simbolico, spirituale ed esoterico e con la sua figura curvilinea di grande impatto, è riuscito a conquistare l’estro degli stilisti. Primo fra tutti quello della maison Schiaparelli che con il suo attuale direttore creativo, Daniel Roseberry, si distingue per la ricerca sui singoli attributi, in cui l’occhio ispirato al Surrealismo di Salvador Dalì diventa il mezzo di comunicazione di un dialogo non verbale, reso attraverso orecchini, occhiali da sole, spille, anelli, ricami e bottoni (Fig. 4a e 4b).
Gucci, invece, ha deciso di riprodurre l’immagine dell’occhio che lacrima, apparso nel 1972 sulla copertina del vinile Levon-Goodbye di Elton John, su shopper in pelle (Fig. 5a), T-shirt e felpe. L’Occhio di Gucci o Gucci Eye (Fig. 5b) è stato inoltre scelto come logo per presentare e pubblicizzare il Gucci Garden, il multispazio dedicato all’universo Gucci, inaugurato nel 2018 all’interno del Palazzo della Mercanzia a Firenze.
È chiaro quindi che in casa Gucci l’occhio, simbolo esoterico, rimanda al mistero che domina tutto il suo immaginario, fino a diventare visione totale ed inclusiva della contemporaneità, in cui la moda rifiuta di dettare modelli, stili di vita o di comportamento preferendo veicolare le infinite sfaccettature dell’essere umano, in quanto la moda consente ad ogni persona di trasformarsi, esprimersi, e sperimentare diversi modi di vivere.
“La moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti. La moda è nel cielo, nella strada, la moda ha a che fare con le idee, il nostro modo di vivere, che cosa sta accadendo.”
(Coco Chanel)
Veronica Elia
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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