Il realismo di Goya: un artista che convive con la malattia
Francisco José de Goya y Lucientes (Fuendetodos, 1746 – Bordeaux, 1828) è stato uno dei più importanti pittori ed incisori spagnoli. Era un astuto osservatore del mondo che lo circondava, la sua arte cercava di catturare le immagini degli eventi del suo tempo: dalle liberazioni dell’Illuminismo alle soppressioni dell’Inquisizione, agli orrori della guerra (Fig. 1), per terminare poi con l’invasione napoleonica. L’inventiva e l’impegno politico dell’artista hanno permesso alla sua arte di avere un forte impatto sugli artisti che l’hanno succeduto.
La sua produzione artistica si è sviluppata in un momento di trapasso della storia dell’arte nel graduale passaggio tra due epoche diverse, verso un’arte volta e pronta a dare spazio ai punti di vista personali degli artisti e a temi introspettivi.
Infatti, se la prima produzione pittorica di Goya si concentra sulla ritrattistica (Fig. 2), con la maturità, invece, l’artista viene ad affrontare alcuni temi molto vicini al romanticismo, introducendo scene, situazioni e allegorie dai toni onirici e irrazionali. Soprattutto in riferimento alle opere “mature”, possiamo dire che i lavori di Goya sono senza tempo, capaci di suscitare ancora oggi riflessioni esistenziali nello spettatore.
Tra le opere “della fase evoluta” possiamo citare “Il sonno della ragione genera mostri (Fig. 3)”. Osservando l’immagine possiamo notare come l’artista abbia posto l’attenzione sui protagonisti, piuttosto che sull’accuratezza della rappresentazione del paesaggio circostante. Qui si coglie la differenza tra Goya e i romantici; infatti, mentre questi ultimi pretendevano che l’ispirazione fosse governata da una forza esogena, in particolare la bellezza della natura, per Goya, il paesaggio, ove necessario, era secondario rispetto al contenuto umano della composizione (Fig.4).
La malattia e l’impatto sull’arte di Goya
Forse non tutti sanno che nel Novembre 1792, Goya, mentre soggiornava a Siviglia, cominciò a soffrire di mal di testa, vertigini, acufeni, perdita dell’udito, oltre ad un marcato calo della vista. A tutta questa serie di problemi si aggiunse uno stato di depressione accompagnato da allucinazioni, delirio e graduale dimagrimento (Vallés Varela H. Goya, su sordera y su tiempo. Acta Otorrinolaringol Esp; 56:122-3, 2005).
Le cause di questa grave malattia sono state ripetutamente discusse: per alcuni si trattava di encefalopatia sifilitica o intossicazione da mercurio, usato abitualmente nel trattamento antisifilitico o da piombo contenuto nei colori che utilizzati Goya, per altri una forma di arteriosclerosi. Non c’è certezza sul punto, né molte informazioni disponibili. Una traccia della malattia di Goya si rinviene in una lettera del 1973 scritta all’artista dall’amico Martin Zapatero, probabilmente in risposta ad una precedente missiva di Goya. Nella risposta c’è un richiamo alla “poca cabeza”, alludendo probabilmente alla possibilità di un’infezione venerea derivante dalla sua vita disordinata. Tre anni dopo quella lettera, la situazione di salute di Goya era ancora più compromessa. Si sa, infatti, che Goya era diventato completamente sordo (D. Felisati, G. Sperati. Francisco Goya and his illness. Acta Otorhinolaryngologica Italica. 30:264-270. 2010).
Tali problemi di salute inevitabilmente incisero in modo determinante sull’umore dell’artista, sulla sua visione del mondo, da quella reale a quella più intima, e conseguentemente sulla sua attività. Alcuni biografi, infatti, hanno suddiviso la produzione artistica di Goya in due periodi, prima e dopo la sua malattia. Il primo caratterizzato da gioia e luce, il secondo da orrore e fantasmi. Va detto, però, che già nel primo periodo alcune figure cominciavano a mostrare la natura inquieta dello stato d’animo dell’artista.
Tuttavia, è dalle opere prodotte a partire dal 1793, proprio in concomitanza con l’inizio dei sintomi, che si coglie un cambiamento radicale nel modo di dipingere dell’artista: i soggetti vanno oltre la realtà con una tonalità sempre più fantastica e drammatica. Un esempio significativo del processo di sviluppo che Goya stava affrontando emerge da un confronto tra due immagini in cui Goya ritrae lo stesso posto. Infatti, confrontando la Prateria di San Isidro, prodotta nel 1788 (Fig. 5), con il Pellegrinaggio di San Isidro, del 1820-23 (Fig. 6), possiamo notare che il primo è festoso, pieno di gioia di vivere, il secondo, invece, esprime inquietudine: la folla, che è in processione, è composta da uomini e donne che cantano salmi con la bocca spalancata, gli occhi rivolti in alto, i volti che sembrano maschere.
I “segni” del cambiamento del modo di dipingere dell’artista emergono anche in altre opere come, ad esempio, il ritratto di Jose Pıo de Molina, 1827– 1828 (Fig.7) dove la mancanza di definizione dei profili del volto così come un utilizzo esagerato del giallo sono abbastanza evidenti e potrebbero essere riconducibili all’offuscamento della vista dovuta probabilmente alla presenza di una cataratta (Josè M. Perez-Trullen, Francisco J. Ascaso, and Marıa J. Aurıa. Did poor eyesight influence Goya’s late works? Medicine and art history in search for an interpretation of Goya’s late paintings. Acta Ophthalmologica, Historical Article, 1-3, 2018).
L’esempio, però, più eclatante del malessere fisico e sensoriale di Goya lo ritroviamo nella serie dei 14 dipinti eseguiti nella sua fattoria alla periferia di Madrid, soprannominata da lui stesso “Quinta del sordo”, un nome non dato a caso ma per marcare e ironizzare sulla sua sordità. Fu proprio qui che iniziò a decorare le pareti del soggiorno e della sala da pranzo con tinte fosche e con soggetti inquietanti e angoscianti che sembrano emersi dai suoi peggiori incubi. Questi lavori, realizzati a olio direttamente sull’intonaco, sono stati ribattezzati pinturas negras o Black Paintings.
I personaggi deformati dall’età e dalla malattia sono esseri angoscianti (Fig. 8), ridotti al minimo, quasi a scheletri, ma capaci di trasmettere, dopo il senso di repellenza iniziale, compassione, malinconia per quello che è stato e che non tornerà mai più: la giovinezza, la forza, la salute, o meglio ancora la vita stessa. Quando li ha dipinti, Goya aveva 74 anni, era malato e sordo ed era tristemente consapevole che la sua Spagna era molto debole (Laura L. Casey. Goya: ‘In sickness and in health’. International Journal of Surgery 4, 66-72, 2006).
Conclusioni
L’evoluzione artistica di Goya è il risultato di un costante processo mentale, che il manifestarsi della malattia e il progredire della stessa hanno via via condizionato. Il malessere fisico è stato tale da colpire in profondità la dimensione esistenziale e spirituale di Goya, e conseguentemente “invadere” il rapporto dello stesso con la sua arte, fino a farla divenire più cupa e drammatica. Il buio che percepivano i suoi occhi finì per diventare un elemento centrale delle sue opere, dando vita a quella che viene definitiva l’età nera di Goya, caratterizzata da lavori fortemente introspettivi e nichilistici; proprio quei lavori sono oggi riconosciuti come capolavori universali. Come per tanti altri artisti, anche per Goya, l’esperienza della malattia segnò un passaggio cardine nel genio dell’artista, plasmando la sua mente e quindi le sue opere, finalizzate a “sfogare” una visione del mondo cruda e disillusa, tipica di chi conosce la sofferenza ed è costretto a vivere nel dolore (fisico ed emotivo).
“La fantasia priva della ragione produce mostri impossibili ed è assieme a lei che è madre delle arti e origine di meraviglie …. Quando gli uomini non ascoltano il pianto della ragione, tutto muta in visione” (F. Goya) –
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154