I Promessi Sposi e La Chimera: Uno sguardo sul Seicento Lombardo
Nel 2023 ricorre il 150° anniversario della morte di Alessandro Manzoni (Fig.1), celebre autore milanese scomparso il 22 maggio 1873. Oltre ad innumerevoli capolavori come gli Inni Sacri, Il cinque maggio ed Il Conte di Carmagnola, a lui si deve il merito di aver dato alla luce una delle più famose opere di tutti i tempi. I Promessi Sposi. Un romanzo simbolo dell’Italia pre e post unitaria, che nel corso del tempo è andato incontro a svariate letture ed interpretazioni. Compresa quella di Daniela Brogi che nel suo volume, Un romanzo per gli occhi. Manzoni, Caravaggio e la fabbrica del realismo edito nel 2018 da Carocci Editore, prende in analisi il realismo visivo del Manzoni.
Secondo l’autrice la struttura stessa de I Promessi Sposi è costruita sulla base di una tensione visiva. Fin dal primo capitolo Manzoni prevede per il lettore la funzione di spettatore a cui è sottoposto un misto di immagini storiche e di invenzione, come se scrivendo il romanziere volesse parlare direttamente agli occhi.
Che cosa vuol dire parlare agli occhi del lettore? Significa ridare vita ad una dimensione dimenticata, quella della Milano del Seicento e dei “personaggi secondari della Storia”, tramite lo strumento del realismo.
Il realismo visivo e la concezione della storia
I Promessi Sposi rappresentano uno sguardo sul microcosmo lombardo di inizio Seicento (Fig.2), che punta l’obiettivo all’altezza degli ultimi, delle vittime e degli sconfitti, restituendo con estrema precisione la raffigurazione materiale della vita dell’epoca. Non bisogna però dimenticare che il realismo manzoniano è al tempo stesso anche finzione ed intreccio. Tutto è studiato per parlare agli occhi del lettore e per far cadere il suo sguardo su un dettaglio rivelatore.
Per quanto I Promessi Sposi siano spesso definiti un romanzo storico contro la storia, l’intento del Manzoni è chiaramente poetico, come viene dichiarato fin dall’inizio nelle pagine dell’Anonimo, in cui il romanziere finge di citare il manoscritto di un anonimo autore del XVII secolo che è venuto a conoscenza di una vicenda con protagonisti personaggi di umile estrazione sociale.
“Ma, quando io avrò durata l’eroica fatica di trascriver questa storia da questo dilavato e graffiato autografo, e l’avrò data, come si suol dire, alla luce, si troverà poi chi duri la fatica di leggerla?” (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi).
Ed è proprio in questa sede che Manzoni definisce la Storia come “una guerra illustre contro il Tempo” (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi), rivelandone una concezione negativa e sottolineando la sua inconsistenza e vanità. Manzoni, di fatto, si schiera contro i valori tradizionali e gli eroi della Storia ed offre una nuova prospettiva dal basso, senza rinunciare però ai toni alti della tragedia. Così, attraverso la letteratura, l’autore arriva a smascherare quello che per lui è l’inganno della Storia, la sua prospettiva mistificante e falsificante della realtà, che cela spesso una dinamica di oppressione e violenza.
Il Seicento descritto da Manzoni
All’interno de I Promessi Sposi, Alessandro Manzoni sceglie di descrivere un particolare periodo storico, restituendone un’immagine dura ed impietosa. Quello della società lombarda del Seicento posta sotto la dominazione spagnola. Agli occhi dell’autore il Seicento lombardo è il trionfo dell’ingiustizia, dell’arbitrio e della prepotenza da parte del governo e dell’aristocrazia sulle masse popolari. Una società aristocratico-feudale ignorante e priva di leggi che non conosce l’applicazione del diritto né la figura del cittadino. Tuttavia, contrapposto alla mancanza di giustizia umana, c’è il trionfo della giustizia di Dio.
Di pari passo con il tema dell’ingiustizia procede anche quello della crisi economica e della carestia che ha portato all’epoca ad un significativo aumento del prezzo del pane, diventato un bene irraggiungibile dalla maggior parte della popolazione. A questa si aggiunge inoltre l’epidemia di peste che nel XVII secolo si diffonde prima nel nord Italia e poi al Sud, segnando così la fine della crescita demografica e colpendo l’economia di tutto il Paese.
La società descritta da Manzoni trova di fatto la sua esemplificazione nei personaggi de I Promessi Sposi. Don Rodrigo e Gertrude rappresentano la funzione negativa dell’aristocrazia che viene meno alle proprie responsabilità. Il cardinale Federigo incarna invece un modello positivo grazie alla sua attività benefica. L’Innominato, attraverso la sua conversione, rappresenta il passaggio dell’aristocrazia da una valenza negativa ad una positiva. Per quanto riguarda il ceto medio, don Abbondio e il dottor Azzeccagarbugli sono due esempi negativi; mentre Padre Cristoforo, che prima di diventare cappuccino era un borghese, ha una valenza positiva. Lucia con la sua fede cristiana è l’esempio positivo per eccellenza, che si contrappone al modello popolare negativo della folla delle proteste di Milano. Renzo, come l’Innominato per l’aristocrazia, rappresenta il passaggio dal negativo al positivo.
Dai Promessi Sposi di Manzoni a La Chimera di Sebastiano Vassalli
Anche Sebastiano Vassalli nel suo romanzo La Chimera pubblicato nel 1990, descrive il Seicento di Manzoni. Vassalli, proprio come l’autore de I Promessi Sposi, non idealizza il passato, ma rappresenta il XVII secolo come il secolo dell’ingiustizia e della violenza in cui affondano le radici alcune delle piaghe sociali moderne. Tuttavia, rispetto a I Promessi Sposi, La Chimera è priva del buonismo ottocentesco di cui si fa portavoce Manzoni. In Vassalli non vi è perdono, compassione, carità o Provvidenza, ma la semplice storia raffigurata in tutta la sua cruda verità.
La Chimera è una rappresentazione storico-sociale del Seicento della bassa pianura novarese, in cui sono descritte la dura vita dei contadini e le razzie e le prepotenze dei signorotti e dei gruppi armati spagnoli. Qui non manca neppure la caricatura grottesca del clero che antepone le sue egoistiche ambizioni alla parola di Dio. Una Chiesa poco inclusiva, segnata da una forte ‘volontà di dominio’, indisponibile ad accogliere i ‘diversi’ o gli ‘irregolari’. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce la storia di Antonia, “un’esposta” perseguitata e condannata al rogo intorno al 1610 poiché ritenuta una strega. Il termine “esposta” riporta alla ruota degli esposti, una bussola girevole di forma cilindrica, di solito costruita in legno, divisa in due parti: una rivolta verso l’esterno e una verso l’interno. Attraverso uno sportello, era possibile collocare gli “esposti”, cioè i neonati abbandonati, senza essere visti dall’interno. Facendo girare la ruota, essa andava a combaciare con un’apertura all’interno, dove lo sportello veniva aperto e al neonato potevano essere assicurate le cure necessarie. Da sempre la ruota degli esposti era presente nei conventi o in strutture gestite da ordini religiosi.
La Chimera racconta quindi un altro aspetto del popolo seicentesco, la superstizione, e descrive la nascita del pregiudizio ed il fenomeno della caccia alle streghe (Fig.3). In questo contesto è emblematica la descrizione del processo di Antonia, soprannominata la “strega di Zardino” quando appare davanti all’Inquisitore del Tribunale del Sant’Uffizio di Novara. Spaesata e sola trova davanti a se una fila di testimoni, animati da un astio gretto che depongono il falso contro di lei.
Sebastiano Vassalli ha avuto inoltre il merito di affrontare il tema della condizione femminile. Fin dal medioevo la donna ha avuto una posizione sociale di netta inferiorità nei confronti del maschio e non vi è dubbio che questa condizione permanesse anche nel ‘600. Possiamo affermare che anche la Chiesa avesse, in quel tempo, nei confronti della donna un atteggiamento che può essere definito quasi “maschilista”. Posizione questa che fortunatamente con l’andare dei secoli e fino ai giorni d’oggi è mutata portando la Chiesa Cattolica a valorizzare il ruolo della donna nella società.
Conclusioni
Non bisogna dimenticare che I Promessi Sposi descrivono il Seicento attraverso la lente ottocentesca di Alessandro Manzoni. In quest’ottica il romanzo diventa lo strumento attraverso cui l’autore vuole dare voce alla battaglia romantica del suo tempo che mira al rinnovamento della cultura italiana. Un messaggio universale che ci invita ancora oggi a lottare per una società equa, giusta e priva di corruzione e violenza.
La Chimera di Vassalli invece osserva il Seicento attraverso una conoscenza della storia più matura ed un realismo crudo che colpisce. L’autore sottolinea come proprio nel Seicento si siano affermate alcune piaghe sociali come la mancanza d’istruzione, il divario tra ricchi e poveri e la propensione verso qualsiasi forma di violenza che ancora oggi caratterizzano la nostra società. Molto realistico è, a questo proposito, il congedo del romanzo, in cui Vassalli descrive una scena che appare ai nostri occhi quasi come una triste pagina di cronaca che sembra voler riferirsi alla recente alluvione in Romagna.
“Le prime gocce di pioggia, rade e pesanti come chicchi di grandine, caddero all’alba del giorno successivo e poi subito s’infittirono, scrosciando sulla terra inaridita dalla siccità, costringendo a uno sgradevolissimo risveglio quanti, silurati per il gran gridare e inebetiti dal vino, s’erano infine sdraiati in mezzo a un campo, o lungo il bordo d’una strada, per dormire lì; e sei qualcuno tardò troppo a risvegliarsi, corse il rischio di morire affogato. Per alcuni minuti, la pioggia venne giù con una tale intensità e una tale violenza che non si vide più niente: un muro d’acqua; spense le ultime braci del rogo della strega, ne disperse in un attimo le ceneri, mescolandole alla terra del dosso o trascinandole via, nei cento e cento rigagnoli che tumultuando e ribollendo conte fiumi in piena si gettavano l’uno nell’altro e poi nel Sesia (…) Allora venne la grandine, quella vera, e coprì la bassa d’uno strato di ghiaccio che sembrava neve (…) S’alzò il vento, così forte da spezzare gli alberi e da far volare via le tegole dei tetti; tornò la notte, nell’ora stessa in cui il sole avrebbe dovuto affacciarsi all’orizzonte”.
(Sebastiano Vassalli, La Chimera).
Veronica Elia
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154