Guardare il mondo con gli occhi di un bambino: la poetica della meraviglia
Mai come al giorno d’oggi capita di sentire l’esigenza di staccare la spina dall’ipocrisia e dalle brutture del mondo per tornare a guardare ciò che ci circonda con gli occhi di un bambino (Fig. 1) e recuperare, così, quella magica sensazione di stupore e di meraviglia che solo i più piccoli sanno provare.
Una necessità sentita fortemente anche da alcuni poeti e filosofi del passato che ne hanno fatto il tratto distintivo della propria produzione. Primo fra tutti Giovanni Pascoli, poeta e critico letterario vissuto a cavallo fra ‘800 e ‘900. In realtà già prima del XIX secolo, in particolare durante il periodo Barocco, si è iniziato parlare di poetica della meraviglia, seppur con un’accezione completamente diversa. Nei prossimi paragrafi andremo, quindi, a fare un breve excursus attraverso alcuni capitoli della storia della letteratura italiana e dentro noi stessi, per cercare di recuperare il fanciullino che si cela all’interno della nostra dimensione più profonda.
La poetica della meraviglia nella letteratura barocca
Nel Seicento in Italia, Spagna, Francia e Inghilterra comincia ad affermarsi in ambito artistico e letterario il fenomeno del Barocco, inteso sostanzialmente come rifiuto della tradizione a favore della cosiddetta poetica della meraviglia e dello stupore. Se da un lato, infatti, nell’arte vengono meno la misura e l’armonia tipiche dei secoli precedenti, dall’altro sul piano letterario nasce un nuovo modo di concepire la poesia. Il poeta si pone come obiettivo quello di stupire il suo pubblico attraverso una serie di innovazioni tematiche e formali, la ricerca della musicalità delle parole e l’ampio utilizzo di figure retoriche come la metafora e l’iperbole. “È del poeta il fin la meraviglia (parlo de l’eccellente e non del goffo): chi non sa far stupir, vada alla striglia!” (Giambattista Marino, Il poeta e la meraviglia).
Ne deriva, tuttavia, un concetto di poesia artificiosa e lussureggiante, talvolta anche al limite del cattivo gusto. Per questo motivo spesso la critica si è espressa negativamente accusando la produzione barocca di essere poco seria e priva di profondità, mirando esclusivamente all’apparenza ed al virtuosismo formale fine a se stesso. Ad ogni modo, uno dei principali esponenti italiani della poesia barocca è stato Giovan Battista Marino, detto anche Giambattista Marino Fig. 2 (1569-1625). È considerato senza dubbi il capostipite di questo genere letterario ed ha ispirato tantissimi autori provenienti da altrettanti paesi europei. Per citare le parole del celebre critico Francesco De Sanctis: “Il re del secolo, il gran maestro della parola, fu il cavalier Marino, onorato, festeggiato, pensionato, tenuto principe de’ poeti antichi e moderni, e non da plebe, ma da’ più chiari uomini di quel tempo […]. Marino fu l’ingegno del secolo, il secolo stesso nella maggior forza e chiarezza della sua espressione” (Francesco de Sanctis, Storia della letteratura italiana, vol. 2, Torino, UTET, 1879).
Il fanciullino di Giovanni Pascoli
Completamente diverso è, invece, il concetto di meraviglia e di stupore all’interno della poetica di Giovanni Pascoli Fig. 3 (1855-1912), descritta all’interno di una delle sue maggiori opere, Il fanciullino. “È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi […] ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia” (Giovanni Pascoli, Il fanciullino, 1897).
Secondo Pascoli in ciascun essere umano, a prescindere dalla sua estrazione sociale, si cela un fanciullino che rimane tale nonostante il trascorrere del tempo. Uno spirito sensibile, capace di meravigliarsi di fronte alle piccole cose, proprio come fanno i bambini. La differenza, però, tra il poeta e l’uomo comune è che solo il primo è in grado di ascoltare e capire fino in fondo il fanciullo dentro di sé.
Non bisogna, tuttavia, confondere questo concetto con il poeta superuomo dotato di particolari poteri delineato da Gabriele D’Annunzio, in quanto per Pascoli il poeta è un uomo semplice ed umile che descrive scene di vita quotidiana viste attraverso gli occhi di un bambino. La poesia in questo senso serve, quindi, come spunto di riflessione per il lettore, il quale è libero di percepire la realtà in modo soggettivo, arrivando alla verità attraverso l’intuizione e l’irrazionalità.
La posizione della filosofia
Anche la filosofia ha preso in analisi nel corso del tempo il tema dello stupore, definendolo come quel sentimento che nasce dall’imprevisto e dall’inatteso. È uno stato in cui ci troviamo quando qualcosa ci meraviglia, mostrandoci che il mondo è altro, è di più, è oltre alle possibilità che ci eravamo prefigurati. “È proprio del filosofo questo che tu provi, di esser pieno di meraviglia; né altro cominciamento ha il filosofare che questo” (Platone, Teeteto, 386–367 a.C.).
Da qui si innesca un circolo virtuoso che spinge l’essere umano verso la conoscenza, passando attraverso la curiosità (Fig. 4). Questa sensazione, infatti, genera la volontà di uscire dallo stupore per trovare una risposta a qualcosa di inspiegabile.
Guardare il mondo con gli occhi di un bambino significa, quindi, osservare ciò che ci circonda lasciandoci sorprendere dalle piccole cose: un tramonto, un paesaggio, la neve che cade o le strade illuminate in attesa del Natale. Vuol dire vedere con gli occhi e sentire con il cuore, spingersi sempre oltre alle proprie certezze.
Guarda le cose come se le vedessi per la prima volta, con gli occhi di un bambino, fresco di meraviglia.
(Joseph Cornell)
Veronica Elia
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154