Gli Occhi e il Viso raccontano di noi. La comunicazione non verbale.
Aristotele, affermava “O ἄνθρωπος φύσει πολιτικoν ζῷον” che tradotto significa: “L’uomo è per natura un animale sociale”. In questa celebre frase è riassunto la necessità primaria dell’essere umano, il suo bisogno di confronto e di rapporto con i propri simili. L’umano impara a comunicare con gli altri fin da bambino, seguendo delle procedure naturali come la parola, i movimenti e l’espressione del viso. In un modo o nell’altro l’uomo riesce sempre a trasmettere un messaggio verso l’esterno (Fig. 1), talvolta senza rendersene nemmeno conto. La maggior parte dei gesti che compiamo infatti è inconscia, eppure nasconde un significato ben preciso.
Pensiamo ad esempio a quando scrolliamo le spalle per esprimere indifferenza, a quando tamburelliamo le dita sul tavolo poiché siamo impazienti o a quando schiacciamo l’occhiolino per sottintendere una particolare intesa con il nostro interlocutore. È proprio attraverso il linguaggio del corpo e la mimica facciale che esprimiamo ciò che spesso preferiamo non dire a parole.
Che cos’è la comunicazione
La comunicazione è un processo di interazione in cui due o più persone si scambiano informazioni in modo circolare. Oggetto di questo scambio è il messaggio. A partire dagli anni Settanta del Novecento cominciarono ad essere condotti alcuni studi sull’importanza della comunicazione umana non soltanto per ciò che concerne il linguaggio ed il messaggio in sé, ma anche la gestualità e l’espressione del viso (Paul Ekman, Wallace Friesen. Unmasking the Face: A guide to recognizing emotions from facial expressions: A Guide to Recognizing Emotions from Facial Clues. Emotions, 1975). Si arrivò così a comprendere che il messaggio si compone di tre canali fondamentali:
- verbale: il contenuto, il codice, le parole;
- para verbale: il modo con cui diciamo qualcosa, il tono, le pause e i silenzi;
- non verbale: tutto ciò che ha a che fare con il linguaggio del corpo, i gesti, le espressioni, la postura e l’abbigliamento.
Ognuno di questi canali ha un impatto ben preciso sul significato della comunicazione. All’interno di una sua ricerca il professor Albert Mehrabian, psicologo statunitense e docente presso la UCLA, dimostrò che nella comunicazione umana solo il 7% del significato viene veicolato dalle parole (canale verbale) mentre il 38% viene comunicato attraverso il modo in cui queste sono pronunciate (canale para verbale). Il restante 55% ha a che fare con la fisiologia, vale a dire il modo di tenere il corpo, la postura, la respirazione, i gesti e l’espressione del viso (canale non verbale). Possiamo quindi affermare che non solo come diciamo le cose, ma anche i gesti che compiamo e la mimica facciale con cui li accompagniamo, abbiano un impatto determinante sul nostro modo di comunicare (Albert Mehrabian. Nonverbal Communication. Taylor & Francis Group, New York 2017).
Comunicazione non verbale del viso: il linguaggio degli occhi
La comunicazione non verbale del viso è quella branca della comunicazione che si esprime mediante le espressioni facciali, cioè i movimenti dei muscoli del volto. Le contrazioni muscolari del viso e la loro combinazione costruiscono le espressioni facciali, dietro cui sono nascosti significati psicologici diversi. Che cosa ci dice, dunque, la comunicazione non verbale del viso? Di fatto, il volto trasmette più di ogni altra parte del corpo le emozioni, anche quelle inconsce. Ciò significa che possiamo percepirle persino quando l’interlocutore non vuole mostrarle apertamente.
Per quanto esistano più di 7 mila combinazioni facciali, è soprattutto dagli occhi che è possibile comprendere gli elementi principali della comunicazione del viso (Fig. 2). Il fissarsi negli occhi, l’uno con l’altro, definito come “contatto oculare” è il primo gesto della comunicazione. Insieme all’espressività mimica, il contatto visivo caratterizza la potenza della relazione socio-comunicativa. Sentiamo infatti spesso parlare di sguardo d’intesa, di sguardo di sfida, di sguardo truce, di sguardo dolce, di sguardo aggressivo.
In generale, possiamo dire che le emozioni positive come gioia e simpatia comportano un incremento del “contatto” oculare. Al contrario, quelle negative come ansia e imbarazzo fanno si che la persona non riesca a sostenere lo sguardo perché in difficoltà. Gli occhi spalancati sono un segnale di paura, rabbia oppure sorpresa, mentre il battito di ciglia possono rivelare insicurezza e preoccupazione. Le persone che guardano l’altro frequentemente e in maniera prolungata vengono percepite come più sicure di sé e dominanti, anche se oltre ad un certo limite questo atteggiamento inizia a provocare nell’interlocutore una sensazione di disagio. Tuttavia guardare negli occhi una persona mentre ti parla è indice di rispetto e allo stesso tempo di attenzione nei suoi confronti. Quante volte le persone ti ascoltano senza fissare tuoi occhi.
Una riflessione va fatta riguardo il ruolo che le pupille hanno nella comunicazione non verbale. Alcuni studi hanno dimostrato come al dilatarsi e al restringersi delle pupille corrisponde un maggiore o un minore interesse (Support for pupils where a mental health issue is affecting attendance. Effective practice examples. U.K.G. Department Education February 2023). La contrazione della pupilla (miosi) e la sua dilatazione (midriasi) sono modificazioni del tutto involontarie; questo ci aiuta a capire perché le pupille possono darci informazioni sull’altra persona, in particolar modo quando sono associate da altri segnali del corpo. Osserviamo una miosi (Fig. 3a) in presenza di rabbia, per focalizzare meglio l’attenzione sull’antagonista che si ha di fronte, fisicamente o idealmente. La midriasi (Fig.3b) avviene, invece, in un maggior numero di circostanze: in presenza di attrazione verso un’altra persona oppure quando si ha paura. Nel caso della paura, si manifesta la massima apertura della pupilla per permettere di aumentare la reattività agli stimoli visivi ambientali. L’espansione della pupilla accade anche, in misura minore, quando si è sorpresi o quando si prova ansia e eccitazione. Una nota interessante: è stato rilevato che la pupilla umana si dilata progressivamente in presenza di processi mentali tesi a risolvere un problema, fino a raggiungere la massima apertura quando si arriva alla soluzione del problema.
Gli occhi non mentono
In uno studio pubblicato su Science nel 1972 veniva evidenziato come il movimento degli occhi, mentre le persone pensano, indicava quale dei due emisferi cerebrali fosse coinvolto (Kinsbourne, M. Eye and Head Turning Indicates Cerebral Lateralization. Science, 179, 539-541, 1972). Questo fu l’inizio di una serie di approfondimenti che cercarono di capire come il movimento degli occhi fosse in relazione con le attività cerebrali durante i diversi processi cognitivi. (W. Reese, and E. Reese. Eye Movement As An Indicator of Sensory Components in Thought; Buckner, Journal of Counseling Psychology, 1987). Oggi vi sono molte evidenze che ci dicono che i movimenti oculari abituali riflettono la modalità sensoriale preferita di una persona. Se chiedi a qualcuno “Che cosa è veramente importante per te? Pensaci ora”, la posizione dei suoi occhi mentre risponde a questa domanda ti diranno molte cose circa il sistema rappresentazionale più usato da questa persona. I movimenti oculari possono anche essere usati per stabilire quanto una persona sia sincera o congruente (S. Hoppe, T. Loetscher, S.A. Morey et al. Eye Movements During Everyday Behavior Predict Personality Traits. Front Hum Neurosci, 12: 105, 2018). Per esempio, se una persona sta descrivendo un evento a cui ha partecipato o di cui è stata testimone, i suoi occhi dovrebbero muoversi principalmente alla sua sinistra (se la persona è destrorsa), indicando accessi mnemonici. Se la persona guarda molto in alto a destra, però, è probabile che stia costruendo o ricostruendo alcuni aspetti dell’esperienza che sta descrivendo (Fig. 4). Questo può indicare che la persona è incerta oppure che non sta dicendo la verità. Dal momento che molti aspetti del processo di pensiero sono inconsci, i movimenti oculari spontanei possono giocare un ruolo estremamente importante nella scoperta e nel modellamento delle strategie che una persona utilizza per prendere decisioni, imparare, motivarsi, memorizzare e, soprattutto, se sta mentendo oppure no. Prima però di addentrarci nel discorso occorre fare una precisazione. Nei destrorsi l’emisfero destro del cervello (non dominante) è associato alla fantasia, mentre quello sinistro (dominante) è deputato all’elaborazione della realtà. Possiamo dunque dire che:
- se gli occhi vengono rivolti in alto a destra significa che la persona sta inventando una nuova immagine;
- se gli occhi vengono rivolti verso l’alto a sinistra significa che la persona sta ricordando un’immagine;
- se gli occhi vengono rivolti al centro a destra significa che la persona sta cercando un nuovo suono;
- se gli occhi vengono rivolti al centro a sinistra significa che la persona sta ricordando un suono;
- se gli occhi vengono rivolti verso il basso a destra significa che la persona sta provando una sensazione;
- se gli occhi vengono rivolti verso il basso a sinistra significa che la persona sta dialogando con se stessa.
Pertanto, per capire se una persona (destrorsa) ci sta mentendo basta osservare la posizione de suoi occhi. Se sono rivolti in alto alla sua destra significa che sta visualizzando un evento inventato, se sono rivolti in alto alla sua sinistra sta rievocando un ricordo e sta quindi dicendo la verità. Nel caso dei mancini lo schema deve essere invertito.
In questo senso il linguaggio del corpo può diventare un utile strumento per riuscire a smascherare una bugia. Ed è proprio questo il tema centrale della serie tv Lie to me (Fig.5). Protagonista del telefilm è Cal Lightman, uno psicologo esperto della comunicazione non verbale a servizio della giustizia. Il suo motto è “Tutti mentono”. Ed è su questo principio che è costruito ogni episodio in cui Lightman ed il suo team cercano di svelare le menzogne dietro cui spesso si nascondono delle emozioni primarie, riuscendo a dimostrare come anche chi mente lo fa sempre per un motivo preciso.
È proprio vero quindi che gli occhi sono lo specchio dell’anima, in quanto riflettono in maniera immediata e trasparente le nostre emozioni, le nostre paure e le sfumature più intime della nostra personalità, contraddicendo persino ciò che a volte comunichiamo attraverso le parole.
La lingua può nascondere la verità, ma gli occhi mai
(Mikhail Bulgakov)
Veronica Elia
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154