Gli occhi di San Francesco: la sofferenza e la cecità
Il “poverello d’Assisi” così veniva chiamato Francesco d’Assisi (anagraficamente Giovanni di Pietro di Bernardone) in ragione della decisione di rinunciare alla vita agiata che la sua famiglia avrebbe potuto garantirgli per vivere, al contrario, un’esistenza minimale e a supporto, con amore e dedizione, dei più fragili. “Povertà“, “obbedienza” e “castità” sono i principi cardine della vita di Francesco e di quelli che poi lo seguirono con il desiderio di conformarsi al suo comportamento, umile e puro.
Nell’iconografia sacra la figura di San Francesco d’Assisi è stata tra le più rappresentate.
Tra le varie raffigurazioni merita una nota la tavola conservata preso il Santuario di Greccio, in cui il Santo viene ritratto nell’atto di asciugarsi le lacrime dell’occhio sinistro.
Tale immagine consente di apprezzare un aspetto meno trascendente di San Francesco, lontano da ogni celebrazione e contesto soprannaturale, esprimendo piuttosto la sua umanità tramite l’illustrazione di un momento di sofferenza (Fig. 1), dovuto probabilmente alla malattia oculare che arrecò al Santo significativi patimenti e della quale non tutti sono a conoscenza.
Molto si è detto circa le possibili cause della malattia che afflisse il Santo d’Assisi e che si manifestò con vari sintomi: disturbo della vista, dolore, fotofobia e lacrimazione persistente. L’aumento della lacrimazione fu interpretato dai seguaci come dovuto a motivazioni di esaltazione mistica, ma, più razionalmente, è riconducibile a una situazione di entropion e/o di trichiasi dell’occhio e probabilmente all’occlusione dei dotti lacrimali escretori. È, infatti, oggi opinione comune che la perdita della vista sia stata una conseguenza del tracoma (S. Cicchetti. Sulla gravissima malattia agli occhi di Francesco d’Assisi raffigurata a Greccio. Medicina nei Secoli, Arte e Scienza 8, 31-41, 1996).
Il tracoma era una patologia abbastanza diffusa nella regione d’Italia in cui Francesco viveva. La scarsa cura dell’igiene e, più in generale, le condizioni di vita nel 1200 esponevano quotidianamente la popolazione al rischio di contagio di forme infettive di qualsiasi tipo. Tuttavia, occorre dire che il tracoma aveva caratteristiche endemiche più accentuate nei paesi caldi come le regioni meridionali dell’Italia o quelle del nord africa e del Medio Oriente. Come riportano i suoi biografi, non è infatti strano pensare che San Francesco abbia contratto una forma grave di “oftalmia egiziana“, come veniva anche chiamato il tracoma oculare, proprio durante il viaggio in Egitto.
Nell’agosto del 1219 Francesco era a Damietta, dove da due anni era in corso la quinta crociata (che si svolse tra il 1217 e il 1221, per riprendere Gerusalemme riconquistata dal Saladino nel 1187). In questo clima di guerra Francesco ottenne dal legato pontificio il permesso di poter passare, durante la tregua tra la sconfitta del 29 agosto 1219 e la vittoria crociata del novembre, nel campo saraceno per incontrare, disarmato, a suo rischio e pericolo, Malik al-Kāmil, il Sultano di Egitto e Palestina. Su tale incontro non si hanno informazioni certe; sono ancora molti gli interrogativi e le interpretazioni di cui è stato fatto oggetto, continuando a nutrire la curiosità e l’immaginario collettivo. Le fonti cristiane francescane e la Cronaca d’Ernoul, datata 1227-1229, confermano l’incontro tra Francesco e il Sultano, rilevando un confronto pacifico e educato; al contrario, alcuni autori del XV secolo evidenziano la violenza del Sultano e la sua scarsa propensione ad ascoltare il Santo (Fig. 2).
Qualche tempo dopo il ritorno dall’Egitto, Francesco iniziò ad avere problemi agli occhi. La progressiva perdita della vista, insieme ad altre infermità non specificate, portarono tra il 1220 e il 1222 alle sue dimissioni dalla guida del proprio ordine (O. Schmucki. Le malattie di Francesco durante gli ultimi anni della sua vita. Francesco d’Assisi e francescanesimo dal 1216 al 1226: Atti del IV Convegno Internazionale della S.I.S.F., Assisi, 15–17 octobre 1976).
Nel 1224, due anni prima della morte del santo, il deficit visivo di Francesco era diventato una preoccupazione, non solo per Francesco stesso, ma anche per coloro che facevano parte delle gerarchie burocratiche dell’Ordine Francescano e la Chiesa Cattolica Romana. Egli trascorse gli ultimi due anni della sua vita alla costante ricerca di cure, spostandosi nel Nord Italia per consultare medici, spesso viaggiando in compagnia di un medico. E’ verosimile che durante questo periodo si fossero manifestate le complicanze più gravi del tracoma, vale a dire le ulcere corneali che determinavano accessi di dolore insopportabili. In quel periodo, le ulcere della cornea venivano trattate in modo assurdo e metodi dolorosi tra cui incisioni e cauterizzazione nella regione fronto-temporale del viso. Le resezioni venivano praticate nei vasi della regione sopraoculare sotto l’orecchio e in altre aree cefaliche (G. Ovio. Storia dell’Oculistica. Editore: Tip. Ghibaudo, 1950-52, Cuneo,1950).
I medici di Papa Onorio III tentarono senza successo tutti i loro rimedi sul “poverello”. Nel tentativo di curarlo fu portato a Foligno, dove secondo alcuni autori si sarebbe rivolto ad un medico “oculista” della Scuola Preciana (Fig. 3). Preci, il grazioso paesino della Val Castoriana situato su un fertile colle degli Appennini, ha ospitato fin dai primi anni del Medioevo una fiorente Scuola Chirurgica che ha esportato le sue conoscenze non solo in Italia ma anche in Europa (F. Ansano. La Scuola Chirurgica di Preci, Il Formichiere, 2017). È probabile che fu uno dei chirurghi di questa scuola ad intervenire. Tommaso da Celano nel suo Vita prima, di San Francesco d’Assisi, racconta: “Al tempo della sua malattia d’occhi, ovandosi costretto a permettere che lo si curasse, viene chiamato un chirurgo, portando con sé il ferro per cauterizzare. Ordina che sia messonel fuoco, sino a che sia tutto arroventato. Il medico prende in mano il ferro incandescente e torrido, mentre i frati fuggono vinti dalla compassione. Il santo invece si offre pronto e sorridente. Il cautere affonda crepitando nella carne viva, e la bruciatura si estende a poco a poco dall’orecchio al sopracicglio…”.
L’intervento o gli interventi non arrestarono la malattia e San Francesco perse la vista.
San Francesco morì la notte tra il 3 e il 4 ottobre 1226. La tradizione tramanda che proprio durante i suoi ultimi giorni, sopraffatto dalla malattia e cieco, compose le ultime parti del suo celebre Cantico di Frate Sole (J. Casanovas. The Eye Disease of Francis of Assisi. Hist. Ophthalmol 3,145-149, 1984). Questo cantico, che è considerato tra le più belle poesie religiose mai scritte, fu dettato dal Santo ad un amanuense. Nonostante le sue condizioni fisiche lo avessero ormai travolto, illuminato da una fede religiosa assoluta, Francesco riuscì a donare all’umanità una poesia che illumina ancora oggi il cuore di tutti noi.
Tutta l’oscurità del mondo non può spegnere la luce di una singola candela (San Francesco d’Assisi)
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154