Gli occhi di Monna Lisa: l'arte fa bene alla salute?

Gli occhi di Monna Lisa (Fig. 1): è questo il titolo del primo romanzo di Thomas Schlesser, storico e critico d’arte, il quale vanta nella propria carriera la redazione di diverse biografie di pittori ed artisti. Schlesser, abituato ad occuparsi della conservazione e della valorizzazione di opere, archivi e del patrimonio architettonico, ha voluto con questo libro fare un passo in avanti e proporsi ad un pubblico più vasto rispetto alla cerchia degli appassionati dell’arte. Mediante il racconto di una storia con protagonisti una bambina di dieci anni, Lisa, e suo nonno Henry, l’autore svolge una riflessione, critica e avvincente, sulla capacità dell’arte, in quanto linguaggio universale, di offrire prospettive e chiavi di lettura della realtà che ci circonda. Il titolo, fortemente evocativo, gioca sull’omonimia fra la ragazzina e il celeberrimo quadro di Leonardo da Vinci, invitando il lettore a scoprire il mondo tramite gli “occhi di Monna Lisa”, e quindi ad utilizzare l’arte come una sorta di “finestra” per esplorare la complessità della condizione umana.

Fig. 1. Copertina del libro Gli occhi di Monna Lisa di Thomas Schlesser. Pinterest.

Il libro, descrive la vita di Lisa, una bambina di dieci anni che vive a Parigi con i genitori e alla “gestione” del misterioso evento che ha stravolto un normale momento della quotidianità della protagonista.  In un pomeriggio qualsiasi, infatti, Lisa improvvisamente non riesce più a vedere. Nonostante la singolarità dell’evento, dagli accertamenti medici non emerge alcun disturbo né anomalia. Tuttavia, il medico di Lisa fin da subito sospetta che dietro a questa temporanea cecità, durata poco più di un’ora, possa nascondersi qualcosa di più profondo. Pertanto, decide di cercare la possibile causa nascosta di quel terribile episodio scavando nell’infanzia della bambina. L’oculista è inoltre convinto che la piccola paziente abbia bisogno di un consulto psichiatrico, ma il nonno di Lisa, Henry decide di affrontare la situazione e aiutare la nipotina a suo modo, mostrandole alcuni dei più grandi capolavori esposti nelle sale del Louvre, del Musée d’Orsay e del Centro nazionale d’arte e di cultura Georges Pompidou. Se infatti la bambina è destinata a perdere la vista, Henry vuole a tutti i costi che possa comunque continuare a vedere la bellezza del mondo attraverso le immagini dei quadri e delle sculture custodite nella sua memoria.

Pagina dopo pagina, Lisa sviluppa ad ogni visita al museo un punto di vista critico sempre più preciso ed accurato, ed il lettore riesce a superare la superficie del semplice romanzo, intraprendendo un vero e proprio viaggio attraverso la misteriosa capacità dell’arte di mettere a nudo gli uomini e di aiutarli a superare i traumi e le difficoltà dell’esistenza.

All’interno di ogni capitolo, che inizia e si conclude quasi sempre con episodi della vita di Lisa e della sua famiglia, è presente una descrizione, messa in evidenza da un paragrafo in corsivo, di un’opera d’arte, con la relativa immagine nell’inserto centrale del libro, da cui prendono spunto le riflessioni di nonno e nipote sui temi diversi della vita, come il rispetto, la bellezza, il tempo che scorre, la morte, il dolore, la sconfitta e la guerra. Arricchendo il testo con le immagini delle opere discusse che integrano visivamente le riflessioni filosofiche e artistiche svolte dai protagonisti, l’autore sviluppa contestualmente la dimensione saggistica e romanzesca del libro, intrecciandole con abilità.

La lettura del libro di Schlesser ci offre l’occasione per riflettere sul ruolo cruciale dell’arte come strumento utile, non solo a rappresentare il mondo, ma anche a comprenderne i significati più profondi. Tramite tale forma espressiva l’uomo può esplorare la realtà, le sue emozioni e la propria esistenza, anche quella più intima.

L’arte a servizio dell’uomo 

Lo stretto rapporto tra l’arte e l’essere umano affonda le sue radici in tempi antichi. L’arte è da sempre impiegata, non solo come strumento di rappresentazione e raffigurazione della realtà, ma anche come mezzo per esprimere concretamente ciò che l’uomo in un primo momento non riesce a spiegare o a comprendere pienamente. Basti pensare, ad esempio, al ruolo che hanno avuto le prime incisioni rupestri, i miti e le favole, che tramite linguaggi con una forte valenza simbolica e allegorica hanno tentato di offrire risposte a domande esistenziali e universali. O, ancora, all’utilizzo della pittura per spiegare le Sacre Scritture. Prendiamo, come esempio, il testo la “Biblia Pauperum” che nel medioevo consentì al volgo di fare propri, in modo semplice, i momenti più importanti della rivelazione cristiana. Lo stesso avvenne nel Rinascimento con Raffaello e il Caravaggio che celebrarono se pur diversamente lo stato umano, la bellezza e l’inquietudine (Umberto Eco. La definizione dell’arte, Garzanti, Milano, 1983). Il rapporto tra l’arte pittorica e l’animo umano è rappresentata da Caravaggio nello sguardo triste di Narciso che si china sulla fonte e rapito, tenta di afferrare la propria immagine (Fig 2).

Fig. 2. Caravaggio, Narciso, Palazzo Barberini, Roma.

Con il passare del tempo, numerosi studiosi hanno affrontato il tema dell’arte come strumento di conoscenza dell’essere e si sono concentrati sugli effetti che le opere d’arte possono avere sugli individui, evidenziando come l’attività artistica abbia il grande potere di agire sulla mente e sulle emozioni dell’uomo e quindi sia in grado di apportare molteplici e significativi benefici psicofisici, favorendone il benessere e l’equilibrio interiore. Sigmund Freud attraverso le sue teorie sull’inconscio e l’immagine onirica, colse la straordinaria peculiarità dell’arte come strumento privilegiato di accesso al mondo interiore dell’individuo (Sigmund Freud Saggi: Il poeta e la fantasia 1908, Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci 1910, Totem e tabù 1913, Il Mosè di Michelangelo 1913, Un disturbo di memoria sull’Acropoli 1936). Come Freud, anche Carl Gustav Jung, fece riferimento all’arte come un mezzo per contattare ed esprimere le immagini appartenenti all’inconscio, ma a differenza del primo, egli portò l’attenzione sul processo creativo, che consiste, a suo parere, nell’attivare le immagini archetipe inconsce, rielaborarle e trasformarle in un prodotto finito (Il libro rosso di Jung, Bollati Boringhieri, 2011). A partire dagli anni ’40 e ’50 del XX secolo ha iniziato a diffondersi il concetto di come l’arte potesse avere un ruolo terapeutico, soprattutto in seguito ai successi ottenuti dall’utilizzo di attività creative nell’ambito dell’assistenza e della riabilitazione sanitaria (A. Ursoleo, L’Arte-Terapia, 2007/2008, pp. 1-29, www.slowmind.net/albertalbert/alessandra1.pdf).

I benefici dell’arte

Ad oggi è stato dimostrato che l’arte può avere sugli individui non solo una funzione ludica e ricreativa, ma anche “curativa” (Art and Well-Being.  The Central European Journal of Aesthetics 54(2):189-211, 2017). Il neuroscienziato Semir Zeki dell’Università di Londra ha dimostrato che la semplice esposizione alle opere d’arte può portare ad un aumento della dopamina, neurotrasmettitore associato ai processi di ricompensa, e dell’attività nella corteccia frontale del cervello, con conseguenti sensazioni di piacere, simili a quelle provate quando si è innamorati (S. Zeki, Inner Vision. An Exploration of Art and the Brain, 1999). L’Università di Vienna, il Max Planck Institute for Psycholinguistics di Nijmegen, e l’Institute for Empirical Aesthetics di Francoforte, hanno invece mostrato un significativo miglioramento dell’umore e dell’ansia in un campione di soggetti coinvolti in una mostra interattiva riguardo le Ninfee di Monet su Google Arts and Culture. L’idea che l’arte possa avere un ruolo importante per la salute è stata confermata anche dal rapporto del 2019 dell’Ufficio Regionale OMS per l’Europa, che esamina le attività artistiche finalizzate a prevenire e a curare le malattie, sia fisiche che mentali, e a supportare l’assistenza di fine vita (Fig.3).

Fig. 3. Il rapporto tra i colori e la mente. (Pixabay).

I benefici dell’arte sono evidenti sia nei soggetti che la producono, sia in quelli che ne fruiscono. Se osservare un’opera d’arte crea immediatamente una risposta nel cervello, favorendo sensazioni positive grazie all’aumento di dopamina e serotonina o innescando ricordi passati già presenti nella nostra memoria, il prender parte al processo artistico comporta ulteriori benefici (Fig. 4) tra cui:

  • accrescimento dell’empatia;
  • accrescimento della conoscenza e della consapevolezza di sé;
  • crescita cognitiva (maggiore attenzione, concentrazione, memoria, capacità di problem solving, sviluppo di soluzioni innovative);
  • rafforzamento delle capacità comunicative;
  • mantenimento di una mente più attiva e lucida;
  • miglioramento della propria motricità, coordinazione ed equilibrio;
  • crescita interpersonale ed intrapsichica;
  • riduzione di ansia e stress;
  • rafforzamento dell’autostima;
  • capacità di esprimere emozioni e sentimenti difficili da verbalizzare a parole;
  • elaborazione di eventi traumatici.
Fig. 4. Infografica sui benefici dell’arte. Canva.

Con il passare del tempo, l’arte è diventata una forma di terapia, ed ha così favorito la nascita e lo sviluppo della cosiddetta Arteterapia. Questa disciplina in Italia ha cominciato a prendere piede solo a partire dagli anni Ottanta del Novecento come insieme di tecniche terapeutiche, che attingono all’espressione artistica al fine di promuovere la riabilitazione cognitiva, una maggiore comprensione delle dinamiche mentali complesse ed il miglioramento della qualità della vita in generale. In quest’ottica, l’arte permetterebbe agli individui di esprimere in maniera creativa il proprio vissuto interiore, incentivando lo sviluppo personale ed emotivo del soggetto. La ricerca ha mostrato come anche una sola visita al museo (Fig. 5) possa contribuire a diminuire i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, facendoci sentire immediatamente meglio. Questa esperienza, inoltre, se reiterata nel tempo, può avere molteplici effetti positivi sul benessere a lungo termine. Iniziative come il Museum Prescription in Canada o l’Art on Prescription nel Regno Unito dimostrano un cambiamento nel modo in cui l’arte viene oggi percepita nel contesto della salute mentale. In questo tipo di programmi l’esperienza artistica viene prescritta come fosse un farmaco o una terapia medica, in maniera complementare alle cure convenzionali.

Tale approccio risulta essere particolarmente efficace in contesti di cura, riabilitazione, educazione, prevenzione e promozione della salute. Si può usare sia nei bambini, sia negli adolescenti che negli adulti. Inoltre, l’Arteterapia è largamente apprezzata come strumento di sostegno nelle cure di persone con gravi disturbi psichici, nelle forme di disabilità, con gli autistici, nei casi di patologie neurologiche oppure per i pazienti oncologici o affetti da patologie croniche o in attesa di essere sottoposti ad importanti interventi chirurgici.

Fig. 5. Visita al museo. Unsplash.

Conclusioni

L’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, definisce la salute non come un’assenza di malattia, ma come uno status generico di benessere fisico, mentale e sociale. In questa prospettiva, le attività artistiche possono influire sul senso di appagamento degli individui. Il romanzo Gli occhi di Monna Lisa offre dunque un interessante spunto di riflessione sul ruolo che può avere l’arte nel superamento di un trauma o, più semplicemente, su come possa influire sul benessere psicofisico delle persone. È chiaro che l’arte e l’Arteterapia (Fig. 6) da sole non possano essere considerate la soluzione ad un problema di natura fisica o psicologica. Tuttavia, possono acquisire un valore aggiunto all’interno di un percorso terapeutico combinato, più complesso ed articolato, rendendole preziose alleate nel processo di guarigione e di ricerca del benessere.

Fig. 6. Arteterapia. Freepik.

Coltivare la relazione tra arte e salute è dunque importante per il conseguimento e il mantenimento del proprio benessere psicofisico. Tutti noi possiamo farlo. Basta organizzare visite culturali, cimentarsi nella pittura, iscriversi ad un corso di teatro o leggere un libro. Da tutte queste esperienze può infatti scaturire un profondo senso di appagamento che si riflette a sua volta positivamente sulla qualità della nostra vita.

Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima.

(George Bernard Shaw)

 Veronica Elia

Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

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