Epidemiologia cecità e ipovisione
Secondo le ultime stime OMS su cecità e ipovisione, Vision impairment and blindness, WHO, Fact Sheet, October 2017, pubblicate in occasione della giornata mondiale della vista, nel mondo sono 36 milioni i non vedenti e 217 milioni gli ipovedenti moderati o gravi, su una popolazione di 7,3 miliardi di persone. Si stima, inoltre, che 253 milioni di persone vivano con problemi alla vista. Si fa riferimento anche ai dati di uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet, secondo il quale il trend del numero dei ciechi e degli ipovedenti è in aumento. Globalmente le malattie oculari croniche sono la causa principale di perdita della vista (84%). Gli errori refrattivi non corretti e la cataratta non operata sono le due principali cause di menomazione visiva. Il mancato intervento di cataratta resta la prima causa di cecità nei Paesi a basso e medio reddito. A livello mondiale, le principali cause dei deficit visivi sono gli errori di rifrazione non corretti (53%), cataratta non operata (25%), degenerazione maculare legata all’età (4%), glaucoma (2%), 6 retinopatia diabetica (1%). Inoltre le principali cause di cecità – reversibile o irreversibile – sono le seguenti: cataratta non operata (35%), difetti refrattivi non corretti (21%) e glaucoma (8%). E’ importante considerare che più dell’80% di tutti i deficit visivi può essere prevenuto o curato. Si stima che 19 milioni di bambini siano ipovedenti. Di questi, 12 milioni di bambini hanno un difetto visivo dovuto all’errore di rifrazione. Circa 1,4 milioni hanno cecità irreversibile, che richiede l’accesso a servizi di riabilitazione visiva per ottimizzare il funzionamento e ridurre la disabilità. Complessivamente, la prevalenza della compromissione della vista a livello mondiale è diminuita rispetto alle prime stime degli anni ’90. Questa diminuzione è associata allo sviluppo socioeconomico generale, ad un’azione concertata di sanità pubblica, alla maggiore disponibilità di servizi per la cura degli occhi, alla maggiore consapevolezza della popolazione generale circa le soluzioni ai problemi legati alla disabilità visiva (chirurgia, dispositivi di refrazione, ecc.). Tuttavia, accanto a questi indubbi miglioramenti, oggi nei Paesi più industrializzati come l’Italia si sta assistendo ad un aumento, in termini di prevalenza ed incidenza, di patologie degenerative oculari legate all’invecchiamento estremamente invalidanti tanto che si stima che il numero di persone con problemi alla vista potrebbe triplicare nei prossimi decenni. Così entro il 2050 a livello mondiale con l’aumento della popolazione potrebbero esserci 115 milioni di persone che sono cieche, rispetto ai 38,5 milioni del 2020. Nei Paesi più avanzati, la prima causa di perdita della vista in età lavorativa resta la retinopatia diabetica (20-65 anni), mentre se si considera l’intera durata della vita la prima responsabile è la degenerazione maculare legata all’età, che può causare la perdita della visione centrale, seguita dal glaucoma che determina un danno misto colpendo sia la visione centrale che quella periferica. Secondo il Rapporto ISTAT Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione europea, le gravi limitazioni visive colpiscono mediamente il 2,1% della popolazione dell’Unione Europea dai 15 anni in su, mentre a partire dai 65 anni si arriva al 5,6% e dai 75 anni all’8,7%. Nel nostro Paese oltre un terzo degli anziani soffre di limitazioni visive almeno moderate, il che equivale a 4,5 milioni di persone. In Italia le cifre sono indicativamente in linea con l’intera UE a 28 Stati. Infatti nel nostro Paese due persone su cento, dai 15 anni in su, soffrono di gravi limitazioni sul piano visivo, percentuale che sale al 5,4% tra chi ha più di 65 anni e all’8,6% per chi ha almeno 75 anni. Lo scenario diventa più preoccupante se si sommano le limitazioni visive 7 moderate a quelle gravi: in questo caso dai 75 anni in poi ne soffrono 43 persone su 100, il 33,4% a partire dai 65 anni e il 17,6% dai 15 anni in su. Le cause dell’aumento del numero dei soggetti affetti da ipovisione sono molteplici. Al primo posto, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, c’è il progressivo aumento della speranza di vita, che ha portato alla crescita esponenziale di malattie oculari legate all’invecchiamento, quali la degenerazione maculare legata all’età, il glaucoma, la cataratta, patologie vascolari retiniche. Hanno influito anche i grandi progressi scientifici e tecnologici dell’oftalmologia, registrati negli ultimi decenni, che hanno portato ad una riduzione dei pazienti destinati alla cecità, ma che, contemporaneamente, hanno incrementato quello dei soggetti con residuo visivo parziale, insufficiente a garantire il mantenimento di una completa autonomia. La migliorata assistenza neonatologica e l’incremento della vita media hanno aumentato la prevalenza di patologie legate alla prematurità e di patologie degenerative maculari, inducendo il servizio sanitario ad allestire progetti di intervento di tipo preventivo, terapeutico e riabilitativo. Infatti l’identificazione delle cause di danno funzionale o di ostacolo alla maturazione della visione tanto più è precoce, tanto più garantisce possibilità di trattamento o di efficaci provvedimenti riabilitativi. Le conseguenze sulla salute associate alla perdita della vista possono estendersi ben oltre l’occhio e il sistema visivo. La disabilità visiva condiziona l’apprendimento e lo sviluppo neuropsicomotorio nell’età evolutiva, mentre incide sulla qualità della vita, l’indipendenza, la mobilità e l’autonomia nell’adulto. La perdita della vista aumenta inoltre il rischio di mortalità, il rischio di cadute e lesioni, porta all’isolamento sociale, alla depressione e ad altri problemi psicologici. Per quanto sopra premesso è evidente quanto la prevenzione dell’ipovisione e la riabilitazione visiva rappresentino un aspetto prioritario in ambito di sanità pubblica anche in ottica di razionalizzazione di risorse in ambito socio-sanitario. L’intervento sanitario, particolarmente nel campo delle patologie visive, per poter essere definito completo richiede il giusto equilibrio tra prevenzione, cura e riabilitazione. Dopo il completamento delle cure mediche possibili, infatti, resta, in questo ambito un elevato bisogno riabilitativo e di supporto per il miglior adattamento del paziente alla vita quotidiana. Leggi importanti, come la L. 104/1992 per l’assistenza, l’integrazione ed i diritti dei soggetti portatori di Handicap, e la L. 284/1997 per i provvedimenti a favore dei soggetti affetti da ipovisione concretizzano il diritto del cittadino ad una salute intesa nella globalità dell’individuo, attraverso una corretta integrazione di interventi sanitari e sociali. Questo significa aggiungere alle azioni svolte per l’assistenza e la prevenzione anche la capacità del Servizio Sanitario Nazionale di consentire l’empowerment del disabile visivo, così come richiede la Convenzione ONU sui 8 diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, primo trattato universale in tema di diritti umani ratificato dall’Unione europea (ratificata in Italia con la legge 3 marzo 2009 n. 18), la cui completa attuazione comporta un costante e intenso impegno di tutti i soggetti coinvolti.
Relazione del Ministero della Salute sullo stato di attuazione delle politiche inerenti la prevenzione della cecità, l’educazione e la riabilitazione visiva (legge 284/97), dati 2017.
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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