Vedere nei sogni: percezione o immaginazione?

Spesso le emozioni e i pensieri che caratterizzano la nostra giornata ci “accompagnano” quando ci addormentiamo. Durante il sonno avviene nel nostro cervello una sorta di rielaborazione inconscia delle immagini e delle esperienze che viviamo durante il giorno. Quest’attività si esplica attraverso il sogno. Il sonno ed i sogni sono processi cerebrali tra i più misteriosi e meno conosciuti delle neuroscienze.

Con il termine sogno (lat. somnium, der. di somnus “sonno”) si definisce l’attività mentale che si palesa, durante il sonno, nella cosiddetta fase REM (Rapid Eye Movement). Per comprendere meglio questa osservazione, dobbiamo pensare che il sonno è composto da diverse fasi. Quelle profonde che avvengono di solito appena ci addormentiamo (sonno profondo) dove il cervello sembra quasi spegnersi. Addentrandoci nella notte, verso il mattino, il ritmo cerebrale torna a ad accelerare ed entriamo nella fase REM. Pare proprio che in questa fase i contenuti dei sogni diventano più ricchi e complessi. Vediamo immagini in movimento, crediamo di correre, voliamo e percepiamo le parole.

A prescindere dal tipo di sogno, tutti noi almeno una volta ci saremo chiesti al risveglio “perché ho sognato”? La domanda è assai complessa e, al momento, la risposta non è unanime. I sogni continuano a sorprenderci, creando, a seconda dei casi, stupore o sgomento, lasciandoci sempre “con il punto di domanda”.

Cerchiamo di capirci qualcosa di più.

L’aura di mistero che circonda tale fenomeno ha solleticato la curiosità dell’uomo fin dagli albori della civiltà, dando vita a diverse interpretazioni e approcci. Per i Sumeri, ad esempio, il sogno poteva rivelare una profezia:  il rituale dell’ “incubazione” prevedeva, infatti, che una persona si recasse a dormire in un luogo sacro sotterraneo e riferiva poi ad un interprete ciò che aveva sognato, il quale cercava di capirne i significati simbolici. Il rito si è poi diffuso anche nell’antica Grecia e nell’antica Roma. Successivamente, filosofi come Platone hanno cercato una spiegazione più razionale, individuando nel sogno una proiezione di pensieri e tratti di personalità del sognatore o la rielaborazione di ricordi rimasti impressi nella mente da svegli (Fig. 1).

Fig. 1. Anonimo, Il sogno di Giacobbe, Cappella palatina, 1140, Palermo.

Lo studio dei sogni basato su un approccio rigoroso e scientifico si è però affermato in epoca più recente. Con Sigmund Freud e L’interpretazione dei sogni (1899) è iniziata una nuova fase della ricerca. Nella sua visione viene ripresa l’idea dei sogni come elementi che rispecchiano il pensiero dell’individuo, ma in un’ottica innovativa. L’attività onirica per Freud è generata da pensieri provenienti dalla parte inconscia della mente. Fantasie e desideri repressi durante il giorno attraverso un meccanismo di autocensura riemergono con forza nei sogni.

“Dovremo dunque riconoscere come del tutto accertato almeno un fatto: tutto il materiale che costituisce il contenuto del sogno deriva in qualche modo da ciò che abbiamo vissuto e viene riprodotto, ricordato nel sogno.”

(Sigmund Freud, L’interpretazione dei sogni, 1899)

Nonostante l’interesse suscitato dal sogno in ambito artistico, filosofico, letterario e scientifico, ancora oggi la sua funzione rimane un mistero. Ciò dipende soprattutto dal fatto che la conoscenza del sogno è accessibile solo tramite il resoconto e non attraverso l’osservazione diretta. Il sogno appare come qualcosa di percepibile, ma non palpabile, quasi irraggiungibile. La struttura e i contenuti del sogno si evolvono nel tempo e con il passare degli anni. Ricordiamo che se nell’accettazione divulgativa la parola sogno ha una valenza positiva, in campo professionale anche gli incubi sono “sogni”. Inoltre, in alcune patologie neurologiche si parla di sogni o incubi “vividi”. Il soggetto è talmente convinto che il sogno sia reale, che emette suoni o addirittura frasi compiute (parla nel sonno), per esempio se sta sognando di lottare con qualcuno tira calci e pugni al coniuge che dorme accanto senza rendersene conto. Un’attività onirica elementare è verosimilmente presente sin dalla nascita anzi non si può escludere che sia già presente nelle ultime fasi dello sviluppo fetale.

Sonno e sogni nell’infanzia

Il sonno ha un impatto profondo sullo sviluppo precoce del cervello e subisce cambiamenti essenziali nella prima decade di vita. Sebbene il sonno REM compaia presto nell’infanzia (Fig. 2), non è chiaro se i bambini sognano e quando i sogni cominciano a comparire durante lo sviluppo. Pare che immagini mentali simili al sogno si manifestino già nel primo anno di vita, mentre il ricordo dei sogni si sviluppi a partire dai 3 anni di età e solo dopo i 4 anni i bambini inizino a discernere i sogni dalla realtà, arrivando a distinguerli completamente intorno ai 9 anni. La più alta prevalenza di incubi si registra tra i 6 e i 10 anni e questi sono spesso associati a difficoltà di regolazione emotiva ed ansia. Nel periodo preadolescenziale la frequenza dei sogni ricordati è simile a quella degli adulti, ma intorno ai 13-15 anni il tasso di resoconto diminuisce. Ciò può essere collegato ai cambiamenti neurali tipici della fase adolescenziale.

In età prescolare i sogni sono semplici e statici. Successivamente, diventano più lunghi e possono contenere sequenze di eventi in cui i personaggi si muovono e interagiscono. Le narrazioni però non sono ancora ben sviluppate. È intorno ai 7 anni che i resoconti dei sogni diventano più articolati e frequenti.

Fig. 2. I sogni nell’infanzia, Pixabay.

Sogni e cecità

Gli individui con una disabilità del sistema visivo periferico sono il campione di popolazione ideale per comprendere i meccanismi che regolano la formazione dei sogni, anche se non è chiaro se i cambiamenti plastici delle strutture corticali e sottocorticali indotti dalla deprivazione visiva incidano in qualche misura sulle strutture coinvolte nell’architettura del sonno. In un primo momento si è pensato che coloro che erano congenitamente ciechi non avessero immagini visive e quindi non fossero in grado di avere contenuti visivi nei sogni. Alcuni dati hanno poi smentito questa convinzione, dimostrando come anche i sogni dei ciechi siano vividi e coinvolgenti. Tuttavia, la deprivazione visiva porterebbe ad una riorganizzazione della composizione sensoriale dei sogni.

Altri studi supportano l’idea secondo cui il contenuto visivo sia generalmente assente negli individui precocemente ciechi. I loro sogni conterrebbero solo suoni, sensazioni tattili o esperienze emotive. La situazione sarebbe invece diversa per i soggetti ciechi tardivi, che hanno avuto un’esperienza visiva nella prima parte della vita. Il loro cervello può ancora attingere alle memorie visive e ai relativi circuiti cerebrali. Ovviamente non mancano teorie che confutano questi risultati e che sostengono che i soggetti congenitamente ciechi possono comunque avere contenuti visivi nei loro sogni, sebbene non riescano a descriverli verbalmente ma solo graficamente. In questo senso l’immagine sarebbe indipendente dalla percezione visiva perché il sistema visivo media l’integrazione di altri sensi per produrre concetti capaci di rappresentazione grafica.

Come si formano i sogni

Il sogno è tipicamente considerato un’esperienza soggettiva generata dalla mente (Fig. 3a). Sognare è un fenomeno psicologico derivante da attività fisiologiche nel sistema nervoso centrale. I sogni possono variabile: da pochi secondi fino a mezz’ora. Si stima che ognuno di noi sogni dalle tre alle cinque volte per notte, anche se la maggior parte dei sogni non si ricorda.

Tradizionalmente il sogno viene identificato con il sonno REM (Rapid Eye Movement). Tuttavia, è ormai noto che si verifica anche nel sonno NREM (Non Rapid Eye Movement), sebbene con alcune differenze. Per esempio, i resoconti REM sono più estesi di quelli NREM, inoltre sono generalmente più intensi e percettivamente vividi. Al contrario, i report NREM sono più riflessivi e concettuali.

Durante la notte cambia anche il contenuto del sogno. Nella prima parte, caratterizzata da una prevalenza delle fasi NREM, i sogni sono più continui con la veglia, mentre quelli della tarda notte, e quindi della fase REM, sono più emotivi. Ci sono poi alcuni studi che supportano l’ipotesi secondo cui il sogno e le immagini visive sarebbero una funzione esclusiva dell’emisfero destro del cervello. Questa teoria però non è universalmente accettata. C’è infatti chi sostiene che entrambi gli emisferi (Fig. 3b) svolgano un ruolo attivo durante il sogno. In particolare, si è ipotizzato che l’emisfero destro fornisca il materiale di base per i sogni e l’emisfero sinistro i mezzi per decodificarli. Possiamo quindi dire che il cervello anche se dorme in realtà non riposa. Quando ci addormentiamo ed entriamo nel sonno profondo, le onde cerebrali rallentano e diventano ampie. E’ il momento in cui le reti neurali entrano lentamente in fase tra loro, sincronizzando il loro funzionamento e perdendo la loro individualità. Ecco l’importanza del sonno come fase rielaborativa di tutto il vissuto giornaliero.

Fig. 3a. Struttura interna del cervello, Freepik.
Fig 3b. Emisfero destro e sinistro del cervello, Freepik.

Come fa il cervello a compiere questa straordinaria impresa?

Una delle caratteristiche più interessanti delle esperienze coscienti nel sonno è la somiglianza tra il mondo interiore dei sogni e il mondo reale della veglia. Il sognatore, infatti, fa spesso fatica a capire se è sveglio o se sta dormendo. Questo perché i sogni possono essere altamente visivi, a colori, ricchi di forme e pieni di movimento. Inoltre, incorporano persone, volti, luoghi, oggetti e animali appartenenti al mondo della veglia. Non bisogna infine dimenticare che i sogni contengono suoni e, più raramente, percezioni tattili, odori, sapori, piacere e dolore. I sogni riflettono anche gli interessi, l’umore, l’immaginazione, le ansie e le preoccupazioni del dormiente (Fig. 4). Insomma, la sua personalità. Tuttavia, fra la coscienza onirica e la nostra esperienza di veglia ci sono alcune differenze fenomenologiche e neurofisiologiche. Per esempio, nel sogno si riscontrano un ridotto controllo delle azioni e del pensiero, una limitata consapevolezza di sé, un’alterazione del pensiero riflessivo e della memoria, incertezza riguardo il tempo, lo spazio e le identità personali.

Fig. 4. Marc Chagall. Oltre la Città. 1918. Galleria_Statale_Tretyakov Mosca.

Se da un lato la Scienza è riuscita a chiarire in che modo e perché nascono i sogni, dall’altro rimane tuttora difficile spiegare a che cosa servono di preciso. Ricordiamoci che Freud (e poi tutta la scuola psicoanalitica) valorizzava non tanto il sogno in se stesso ma l‘interpretazione che ne faceva il  paziente guidato dal terapeuta. Sogni simili possono avere interpretazioni molto diverse.

Il sogno rappresenta la realizzazione di desideri inconsci legati ad impulsi egoistici. È ciò che avviene quando il cervello maturo adeguatamente attivato e disconnesso dagli stimoli esterni attinge a schemi di memoria, conoscenze generali e informazioni episodiche per produrre simulazioni del mondo. Poiché i desideri inconsci sono dannosi per la nostra coscienza, vengono repressi tramite processi di censura (amnesia onirica). Resta, però, ancora da chiarire qual è la natura dell’origine del sogno. Ovvero se i sogni siano generati in aree sensoriali di basso livello per poi essere interpretati e sintetizzati da aree di ordine superiore oppure se nascano come desideri, pensieri astratti e ricordi profondi nel cervello per venire arricchiti successivamente di aspetti percettivi e sensoriali. I sogni sarebbero dunque più simili alla percezione o all’immaginazione?

Numerosi studi del XIX secolo sostengono che la fonte dei sogni possa essere l’esperienza sensoriale. Al contrario Freud (Fig. 5a e 5b) e i suoi seguaci affermano che i sogni hanno origine da motivazioni psichiche che vengono esemplificate come percezioni sensoriali. Particolarmente interessante è inoltre la “Teoria della soddisfazione delle aspettative”, elaborata nel 1993 dallo psicologo Joe Griffin. Secondo questa ipotesi, l’atto di sognare metterebbe simbolicamente “in scena” situazioni attese o temute durante il giorno, che non si sono verificate.

Fig. 5a. Sigmund Freud, Pixabay.
Fig. 5b. Divano psicoanalitico, Sigmund Freud Museum, Londra, by John Kannenberg CC BY-NC-ND 2.0.

Conclusioni

Gli studi condotti in diversi ambiti della ricerca, fra cui la fenomenologia, la neuropsicologia, l’imaging funzionale e la neurofisiologia, dimostrano che il sogno è nel complesso più collegato all’immaginazione che alla percezione, sebbene la coscienza onirica appaia per vari aspetti molto simile alla coscienza di veglia. In conclusione, nonostante la Scienza sia riuscita a rispondere almeno in parte alle domande “Perché sogniamo?” e “Qual è la funzione dei sogni?”, i sogni restano per l’uomo un affascinante mistero, che testimonia la potenza e la complessità della nostra mente.

Quelli che sognano ad occhi aperti sono a conoscenza di molte cose che sfuggono a chi sogna addormentato

(Edgar Allan Poe)

Veronica Elia

Riferimenti bibliografici

  • Helene Vitali, Claudio Campus, Valentina De Giorgis, Sabrina Signorini, Monica Gori, The vision of dreams: from ontogeny to dream engineering in blindness, Journal of Clinical Sleep Medicine, 2022.
  • Yuval Nir, Giulio Tononi, Dreaming and the brain: from phenomenology to neurophysiology, Trends in Cognitive Sciences,
  • Giulio Maira. Il cervello è più grande del Cielo. Solferino, Milano, 2019.
  • Amadeo MB, Campus C, Gori M. Years of blindness lead to “visualize” space
    through time. Front Neurosci. 14, 812 2020.
  • Nir Y, Tononi G. Dreaming and the brain: from phenomenology to neurophysiology.
    Trends Cogn Sci. 14(2):88–100, 2010.

Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154