Cosa proviamo quando osserviamo un’opera d’arte? La parola dell’esperto!
È curioso pensare a tutte le variabili che influiscono sulle nostre reazioni avanti a un’opera che ci attrae, da quelle celebrali a quelle più emotive, dalle proprietà del sistema ottico dell’occhio (soprattutto in relazione alla percezione della nitidezza dei dettagli e dei contorni) alle “influenze” sociali e ambientali, fino alla psicologia e sensibilità più intima dell’osservatore.
Tutto ciò guida in qualche modo la nostra visione dell’opera, accompagnandoci in un viaggio inconsapevole di abbandono del razionale a favore del sensoriale.
Così i musei, le fondazioni, le gallerie e tutte le altre realtà che custodiscono al proprio interno opere d’arte sono luoghi di scoperta e da scoprire, che consentono di vivere una vera e propria connessione esperienziale con l’arte.
Travolti dalla competenza e dall’entusiasmo (“contagioso”) di Martina Corbetta, critica d’arte e curatrice (dal 2019 anche del progetto Banca Sistema Arte), nonché fondatrice dell’omonima galleria d’arte con sede a Giussano e nella quale ospita lavori di giovani e brillanti artisti come – solo per citarne alcuni – Laurina Paperina, Albert Pinya, Linda Carrara, Elisa Bertaglia e Thomas Scalco, abbiamo svolto con lei qualche riflessione sull’ “arte di osservare un’opera d’arte”.
Qual è, secondo te, la prima cosa che colpisce chi ammira un’opera?
Dipende chi sta guardando l’opera.
Probabilmente un neofita è attratto in prima battuta dal soggetto rappresentato. Se si tratta di un’opera figurativa la tendenza è, infatti, quella di riconoscere cosa c’è raffigurato e, spesso, a seconda dei gusti e delle preferenze personali, si è portati a esprimere, almeno inizialmente, un giudizio un po’ frettoloso basato semplicemente su ciò che tendenzialmente piace di più. Ad esempio, se si tratta di un paesaggio, e ci piacciono i paesaggi, avremo un parere positivo al primo sguardo, e solo successivamente saremo portati ad analizzare, o comunque a considerare, la tecnica e il colore del quadro che stiamo osservando.
Un professionista invece, essendo contaminato da informazioni, ed avendo spesso una formazione più accurata, tende a guardare oltre il soggetto. Contestualizza la realizzazione e riconosce gli aspetti più innovativi o generativi di un nuovo tempo. Il professionista è portato a essere colpito da lavori che trasmettono “un impulso” più intenso di altri; non è facile definire cosa sia esattamente questa “sensazione” che arriva a noi del settore. Certo è che la sensibilità sviluppata rende selettivo il nostro “giudizio” che diventa ancora più prezioso nel momento dell’interesse. Generalizzando, un’opera che colpisce è spesso un’opera ben curata, nella sua realizzazione e con un buon contenuto, elemento essenziale che può fare la differenza su altre opere simili.
Guardare un’opera d’arte è diverso dall’osservarla?
Guardare e osservare, direi che si riferiscono ad azioni con fini diversi. Mi spiego. Guardare un’opera richiama una connotazione più superficiale. Guardiamo un’opera in una casa se sta bene con il suo arredo o con ciò che la circonda. Osservare un’opera è invece trovarsi di fronte ed entrarci. Sia che siamo in un museo, in una galleria o in un’abitazione, osservare è prendersi il tempo per “ammirare” l’opera e “riflettere” sulla stessa. Osservare comporta sia un’attività prettamente visiva, sia una fase più analitica di pensiero.
Come si osserva un’opera d’arte?
Una bella domanda. Non c’è una regola. Sicuramente si può partire da quello che vediamo al primo sguardo, ma poi bisogna andare oltre e proseguire osservando tutto. Tecnica, poetica e biografia dell’artista sono elementi indispensabili per andare a fondo. Conoscere il perché e il come aiuta a far sì che possiamo avere una visione completa. Il punto di vista dell’artista non necessariamente deve coincidere con il nostro, ma sapere cosa vuole trasmettere è un elemento fondamentale.
Su quale aspetto deve soffermarsi lo sguardo dell’osservatore per potere dire di avere compreso l’opera?
Anche questo punto non ha una regola precisa. Senza dubbio è cosa buona e utile conoscere ciò che l’artista desidera esprimere, la sua poetica e il significato, ma qualche volta, nonostante ciò, possiamo comunque non comprendere il pensiero dell’artista stesso e quindi il suo lavoro. Sembra un retaggio, ma ad oggi ancora ci sono persone che faticano a considerare arte i lavori astratti, concettuali, le installazioni o simili; quindi, tutte quelle espressioni in cui non sono presenti elementi figurativi. Dunque, lo sguardo dello spettatore deve fare lo “sforzo” di andare oltre i limiti culturali, gli stereotipi, etc., deve continuare a vagare fino ad aver compreso e riconosciuto anche solo un piccolo elemento che possa fare da spunto per riflessioni più accurate.
Si può imparare ad osservare un’opera?
Assolutamente sì. Avere una conoscenza anche minima dell’arte, può essere un trampolino di lancio verso un’istruzione utile a sensibilizzarci all’osservazione.
Qual è la prima caratteristica che osservi di un artista?
La sua cultura. Mi piace confrontarmi con artisti che hanno un background culturale solido e che sono curiosi. La curiosità ci porta a crescere. Un artista non aggiornato non può comunicare nulla di nuovo. Poi certamente sono molto attratta dagli artisti che amano il loro lavoro e che ne curano tutti gli aspetti. Un Artista con la A maiuscola deve essere una figura dalla quale imparare. Per me, conoscere cose nuove attraverso l’arte è meraviglioso.
La differenza d’epoca/corrente artistica comporta un diverso modo di osservare un’opera?
Certamente, come anticipato precedentemente, è importante contestualizzare l’opera per poterla osservare meglio. Una Gioconda oggi non avrebbe un gran successo.
Qual è “a prima vista” la differenza tra un’opera contemporanea e quelle appartenenti a correnti artistiche precedenti?
Per far chiarezza, definiamo come opere d’arte contemporanea le opere dalle avanguardie artistiche (i movimenti artistici del primo Novecento) ai giorni nostri. Dovremmo fare una lezione intera per parlare delle differenze perché ogni periodo presenta caratteristiche che diversificano le opere dal periodo precedente e da quello successivo (come, ad esempio, l’Impressionismo e l’Espressionismo che si distinguono l’uno dall’altro per contenuti e modalità di realizzazione). L’arte contemporanea è molto complessa perché comprende al proprio interno correnti artistiche differenti che si susseguono in breve tempo o addirittura nello stesso arco temporale.
Prendendo in riferimento il periodo dal secondo dopo guerra ai giorni nostri possiamo dire che è un’arte totalmente libera e difficile da categorizzare se non per macroclassi tipo: pittura, fotografica, scultura, performance. A prima vista, dunque, le opere dei giorni nostri possiamo riconoscerle per contenuti appartenenti al tempo in corso, a tecniche di avanguardia e così via. Osservare e conoscere ci aiuta a contestualizzare.
Infine, alcune volte in relazione alle opere di arte contemporanea sentiamo pronunciare frasi semplicistiche, del tipo: “anch’io sono in grado di dipingere un quadro così!” Naturalmente, si tratta di un’affermazione profondamente superficiale e, se vogliamo dirla tutta, supponente. Cosa ti senti di dire al riguardo?
Consiglio di leggere un libro: “Lo potevo fare anch’io” di Francesco Bonami.
Solitamente, quando mi trovo a confrontarmi con persone che fanno questo tipo di affermazione propongo una sfida: prendo dallo zainetto un foglio di carta e una matita e chiedo loro di realizzare qualcosa. Il più delle volte il foglio rimane bianco. Creare penso sia una delle cose più difficili al mondo!
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154