L'Intelligenza Artificiale in oftalmologia

Premessa

L’ intelligenza artificiale (AI in inglese, IA in italiano) è la tecnologia che oggi rappresenta il perno centrale della trasformazione digitale nella società, suscitando un crescente interesse anche in ambito oftalmologico.

La quarta rivoluzione industriale (Fig. 1), caratterizzante il contesto storico attuale, è innescata dall’integrazione pervasiva e inarrestabile di innovazioni digitali e tecnologiche, foriere di radicali e profonde conseguenze in tutti i settori produttivi della società (Schwab, K. (2016) The Fourth Industrial Revolution. World Economic Forum). Tra gli attori di questa rivoluzione, il ruolo di protagonista spetta indubbiamente all’AI.

Fig. 1 Le quattro rivoluzioni industriali.

Gli ambiti di applicazione dell’AI sono davvero eterogenei e presenti in vari  aspetti del nostro quotidiano; basti pensare ad alcune applicazioni di Google come il traduttore automatico e le mappe stradali, al riconoscimento facciale di Facebook o ancora ai tanto in voga assistenti vocali come  Alexa o Siri di Apple (Fig. 2).

Fig. 2. Alcune applicazioni disponibili per lo smartphone.

E questi sono soltanto alcuni esempi di quello che costituisce il nuovo paradigma socio-economico in via di costituzione, in cui i confini del digitale, fisico e tecnologico sono sempre più compenetranti.

Seppur a rilento, anche l’ambito sanitario è interessato da questo radicale progresso tecnologico.

Fig. 3. Numero di pubblicazioni scientifiche riguardanti “l’intelligenza artificiale” e “l’intelligenza artificiale + oftalmologia” da gennaio 2000 a dicembre 2022, che evidenziano il trend di crescita esponenziale. Fonte: PubMed.com. Accesso in data 15.06.2023.

Analizzando questi grafici (Fig. 3), possiamo osservare come la produzione medico-scientifica nel campo dell’AI sia letteralmente esplosa negli ultimi anni, con un trend di crescita esponenziale. Concentrandoci nel settore specifico dell’oftalmologia, possiamo constatare che verosimilmente tutto ciò che si conosce in materia è stato generato negli ultimi dieci anni.

Cos’è l’AI e come funziona

Partiamo dalla definizione. L’AI è un ambito di ricerca che studia e realizza sistemi che simulano l’intelligenza umana, dove per intelligenza si intende la capacità di apprendimento e adattamento al fine di massimizzare le possibilità di successo.

In base alle tecniche di apprendimento, si possono identificare diversi sotto ambiti gerarchicamente disposti (Fig. 4). Vediamo quali sono.

Il machine learning o apprendimento automatico è un sottoinsieme dell’AI, in cui il sistema è in grado di imparare in modo automatico dai dati e migliorare le prestazioni nel tempo. Le principali categorie sono l’apprendimento supervisionato, l’apprendimento non supervisionato e l’apprendimento per rinforzo.

Il deep learning o apprendimento profondo è uno dei sottoinsiemi più importanti del machine learning e consiste in complesse reti neurali artificiali organizzate in strati che simulano il funzionamento dei neuroni del cervello umano.

Fig. 4. Rappresentazione grafica dei metodi di apprendimento nell’ambito dell’intelligenza artificiale.

Il grande fermento scientifico sull’AI è proprio catalizzato dall’utilizzo del deep learning, che consente di elaborare dati complessi senza necessità di pre-processarli. Una delle applicazioni del deep learning più diffuse in ambito medico è sicuramente il riconoscimento e l’analisi automatiche delle immagini.

Per fare un esempio in ambito oftalmologico, basti considerare un’immagine nota a tutti gli esperti del settore. Qual è? Naturalmente, la foto del fondo dell’occhio (Fig. 5).

Fig. 5. Retinografia a colori o anche foto del fondo dell’occhio.

Attraverso questa immagine lo specialista può valutare la retina e il nervo ottico, verificandone lo stato di salute o malattia.

Se anziché all’oculista, chiedessimo a un algoritmo di AI di valutare la stessa immagine? Quali informazioni aggiuntive sarebbe in grado di estrarre rispetto all’occhio del più esperto professionista?

Questa domanda è l’oggetto della ricerca pubblicata su Nature Biomedical Engineering nel 2018, frutto della collaborazione di ricercatori dell’Università di Stanford con un team di ingegneri di Google. Attraverso un complesso algoritmo di AI, i ricercatori hanno potuto individuare e quantificare per la prima volta una serie di fattori di rischio cardiovascolare esclusivamente dalle immagini del fondo dell’occhio: l’età, il sesso, l’abitudine tabagica, la pressione del sangue, l’indice di massa corporea. La previsione viene generata dal modello di AI in modo del tutto automatico, attraverso l’analisi di alcune caratteristiche anatomiche, come la papilla ottica o il calibro e decorso dei vasi sanguigni. Lo studio ha anche dimostrato come questo modello sia stato in grado di identificare con accuratezza l’incidenza di infarto miocardico o ictus ischemico a 5 anni utilizzando esclusivamente l’immagine retinica.

Sebbene ancora lontano dall’ambito clinico, questo studio dimostra come sia possibile solo da una fotografia del fondo oculare predire in un paziente non solo i fattori di rischio cardiovascolari ma addirittura il rischio di infarto, e ciò senza alcun prelievo del sangue o misurazione della pressione sanguigna.

Questo lavoro è divenuto un’importante pietra miliare nella produzione scientifica sull’AI con oltre 1000 citazioni, aprendo il sipario all’AI come attore di spicco nella ricerca scientifica in ambito oftalmologico.

Perché le scienze oftalmologiche rappresentano una delle discipline in cui i sistemi di AI hanno esibito le prestazioni più interessanti?

Come illustrato nello studio appena descritto, l’AI si mostra eccezionalmente abile nell’interpretazione delle immagini fornite dalle metodiche di imaging a fini di diagnosi, prognosi e screening.

L’oftalmologia, infatti, rappresenta una tra le branche della medicina a maggiore innovazione tecnologica, essendo caratterizzata dall’utilizzo e dal costante sviluppo di nuove metodiche di imaging. Con questo termine si intendono tutte quelle tecnologie digitali, come la fotografia del fondo dell’occhio e la Tomografia Ottica Computerizzata (OCT), il cui sviluppo ha avuto grande impulso negli ultimi 25 anni consentendo di visualizzare e studiare l’occhio in modo non invasivo e in maggior dettaglio (Fig. 6).

Fig. 6. Tomografia Ottica Computerizzata (OCT). Scansioni di alcune alterazioni patologiche retiniche.

Infatti, l’utilizzo dell’imaging risulta al giorno d’oggi sempre più indispensabile nella pratica clinica per la diagnosi e la gestione delle patologie oculari (DSW. Ting, et al. Deep learning in ophthalmology: The technical and clinical considerations. Progress in Retinal and Eye Research 72:100759, 2019).

L’invecchiamento della popolazione a livello globale e la continua crescita delle patologie cronico-degenerative, in particolare la degenerazione maculare legata all’età, la retinopatia diabetica e il glaucoma, comportano un crescente impegno di risorse sanitarie e una continuità assistenziale multidisciplinare e di lunga durata. In particolare, a fronte di personale medico limitato, stanno aumentando rapidamente negli ultimi anni le richieste di esami di imaging necessari alla gestione clinico-diagnostico dei pazienti oculistici, e con essi la necessità di un’interpretazione specialistica.

Le complessità delle domande di salute presenti nel panorama attuale evidenziano la necessità di ricorrere all’AI in oftalmologia, e in ambito sanitario più in generale, come potenziale mezzo per l’ottimizzazione, l’efficienza e la sostenibilità dei sistemi sanitari.

L’AI è in grado di assistere in parte o del tutto automaticamente lo specialista per definire la diagnosi, la prognosi e per fornire opzioni di trattamento personalizzate (Poplin, R., Varadarajan, A.V., Blumer, K. et al. Prediction of cardiovascular risk factors from retinal fundus photographs via deep learning. Nat Biomed Eng 2, 158–164, 2018). È importante enfatizzare che il ruolo dell’AI è di coadiuvare, e non sostituire il medico, nell’attività clinica consentendo una maggior efficienza a parità di unità di tempo. Inoltre, in ambito di ricerca, è in grado di svelare nuove informazioni sulla fisiologia e patologia oculare con il potenziale di avanzare la conoscenza in materia oftalmologica.

Per fare questo, l’AI si basa innanzitutto sull’analisi delle immagini provenienti dalle diverse modalità di imaging oculistico, ma anche sui dati clinici-sanitari presenti nei database elettronici, e sulle informazioni biologico-molecolari provenienti dal vasto mondo della genomica.

Le grandi potenzialità di questa nuova tecnologia devono essere considerate all’interno di un contesto scientifico e medico-clinico consapevole dei rischi e limiti intrinseci all’AI stess

Breve riflessione sugli aspetti negativi dell’AI

L’integrità dei dati clinici riguardanti i pazienti, la protezione e la cybersecurity sono aspetti molto importanti da garantire ai fini della sicurezza (e della privacy) dei soggetti interessati. Oltre alle problematiche inerenti alla tracciabilità dei dati personali dei pazienti, e prestazioni dell’AI pongono anche rilevanti questioni etiche, in quanto – se non adeguatamente “addestrate” – possono accentuare la discriminazione e le disuguaglianze in materia di salute.

Inoltre, una sfida significativa all’implementazione di questi modelli è rappresentata dal cosiddetto problema del “black box” o “scatola nera”, ovverosia la mancanza di trasparenza del modello sulle modalità utilizzate dall’AI per derivare le sue previsioni. È necessario conoscere le caratteristiche di input utilizzate dal modello, per indagare eventuali errori nelle previsioni, per l’efficace interazione degli operatori umani con l’AI e per il diritto a una spiegazione nel caso in cui decisioni completamente automatizzate riguardino un individuo. L’adeguata implementazione dell’AI richiede sforzi di standardizzazione circa la raccolta, l’analisi e la condivisione dei dati. In ultima analisi, la stretta collaborazione di più parti interessate, dagli sviluppatori dei dispositivi ai fornitori dei servizi, fino ai fruitori stessi, è necessaria per garantire la sicurezza e l’efficacia dell’AI in ambito clinico.

Conclusioni

Il rapporto umano del medico con il paziente è al centro del processo di cura; pertanto, in tale prospettabile e considerati i “difetti” descritti, è auspicabile che l’AI non sostituisca la figura del medico, ma diventi piuttosto uno strumento all’interno della “borsa” di ogni professionista, costituendo senza dubbio un mezzo imprescindibile nell’arsenale moderno della ricerca con il potenziale di rivoluzionare la nostra conoscenza dell’occhio e trasformare l’assistenza sanitaria.

Dott.ssa Celeste Limoli

Specializzanda in Oftalmologia presso l’Ospedale San Giuseppe

Università degli Studi di Milano

Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154