L'aspetto esteriore e il dismorfismo corporeo

Una delle “caratteristiche” dei nostri giorni è la superficialità diffusa nell’osservare ciò che ci circonda. Per esempio, si leggono i titoli degli articoli sui giornali, ma non si avverte la necessità di entrare nei contenuti che questi vogliono farci conoscere. Lo scambio delle informazioni è sempre più veloce e frammentato, basato molto spesso sulla ricerca di immagini che devono catturare con estrema velocità l’interesse e la fantasia dell’utente.
Non a caso, le fotografie che appaiono sulle pagine dei social hanno proprio l’intento di catalizzare l’attenzione del consumatore per far sì che questo possa concludere acquisti di beni dei quali, spesso, non ha una reale necessità. Viviamo in una società in cui le persone entrano con estrema difficoltà nell’essenza profonda di ciò che vedono, fermandosi spesso al “primo strato” dei contenuti; ciò comporta una ridotta possibilità di sviluppare un giudizio personale effettivo e critico, che sia in grado di veicolare scelte e comportamenti appropriati e responsabili.

Il concetto di superficialità copre vari aspetti del nostro stile di vita. Un esempio è senza dubbio la tendenza alla realizzazione e imitazione di modelli e stereotipi estetici. Da qui la ricerca di apparire belli, senza difetti corporei; non importa mostrare agli altri ciò che si è (quindi la propria intelligenza, capacità empatica, i propri desideri, i sogni, le debolezze) e la propria unicità, ma si è spinti a aderire ad un “cliché” che rispetti i canoni attuali.  Ciò che più importa è come gli altri mi vedono, non ciò che io sono veramente e quello che vorrei essere. Questo ha portato sempre di più a concentrare l’attenzione, specialmente nei giovani, verso una ricerca della perfezione del proprio corpo, con la conseguente assunzione di comportamenti al limite dell’ossessivo. Pensiamo al fiorire dei centri estetici, alla frequentazione delle palestre e all’osservanza di programmi di nutrizione e diete, per non parlare del ricorso alla chirurgia estetica. Di per sé non si tratta di “abitudini” da demonizzare, poiché se seguite “con le giuste dosi” rientrano in un concetto di benessere psicofisico che è fondamentale da tutelare. Il problema sorge quando queste esigenze diventano eccessive.

Purtroppo, infatti, la cultura dell’esteriorità può portare alcune persone (magari più fragili) verso un comportamento patologico con gravi conseguenze sulla salute mentale e fisica.

“Sono bass*, grass*, ho le orecchie troppo grandi, il naso con la gobba, le gambe storte”, potremmo continuare così all’infinito. Più ci si guarda allo specchio, più si scoprono difetti che non piacciono (Fig. 1).

Fig. 1. Illustrazione di Filippo Magnanini - “Lo specchio e le aspettative insoddisfatte”.

Detta così tale affermazione potrebbe risultare banale; d’altronde “è normale” nessuno è perfetto! C’è chi però fa della perfezione una vera e propria ossessione, e nel tentativo costante di raggiungerla si trova a vivere un profondo senso di frustrazione, insoddisfazione e reale disagio per il mancato raggiungimento della stessa (Fig. 1). Non si è mai sufficientemente perfetti!

Quando la preoccupazione per i propri (spesso immaginari o comunque ingigantiti) difetti fisici diventa eccessiva e solitamente immotivata (Fig. 2), possiamo avere a che fare con il cosiddetto disturbo da dismorfismo corporeo, che porta la persona a concentrarsi su un particolare del corpo che non piace. Il disturbo da dismorfismo corporeo più comunemente conosciuto come dismorfofobia (dal greco antico dis–morphé, forma distorta e φόβος, phobos = timore).

Fig. 2. Illustrazione di Alessandro Costantino (@alexhunter88) “Percezione distorta”.

Che cosa fanno le persone che sono affette da questa patologia? Si nascondono e sviluppano un controllo ossessivo per quei difetti, che diventano un pensiero costante e totalizzante. 

La vergogna che provano per il proprio corpo è così forte da limitare spesso la loro vita sociale, preferendo a questa quella dei social. I presunti difetti e le sospette mancanze possono essere “risolti” con i vari filtri, e altri “rimedi”, offerti dalle app. In questo caso, purtroppo, si apre un circolo vizioso davvero inesauribile e assai deleterio per l’autostima. Infatti, postare foto che corrispondono ad un’immagine di sé che si vuole assolutamente raggiungere, ma che non rispecchia la realtà e che viene in un certo senso “smentita” dalla “figura” proiettata nello specchio, scalfisce fortemente la fiducia e crea un profondo senso di inferiorità nei confronti degli altri, che invece vengono percepiti come perfetti.

In molti casi le persone che soffrono di questo disturbo si rivolgono ad un chirurgo estetico affinché le faccia diventare come loro desiderano essere. Su tale punto è doveroso aprire una parentesi: è molto importante che il chirurgo estetico approfondisca le reali motivazioni che spingono la persona a sottoporsi ad un intervento estetico. Il ricorso alla chirurgia estetica, anche se eseguita in modo corretto, spesso non risolve il perenne stato di disagio e di insoddisfazione nel quale queste persone vivono, poiché, come detto, si tratta di uno stato emotivo più profondo e radicato, spesso associato ad una situazione ansiosa-depressiva. Infatti, in alcuni casi dopo l’intervento chirurgico si vedono nuovi difetti, in altri il ricorso alla chirurgia crea una vera e propria dipendenza.

Per contrastare questo fenomeno è, infatti, fondamentale rivolgersi a degli psicoterapeuti esperti, che sono in grado di intervenire con terapie cognitivo-comportamentali, come la ristrutturazione cognitiva, l’attivazione comportamentale, l’educazione comportamentale e l’esposizione allo specchio del soggetto. È importante riconoscere tempestivamente questa patologia e instaurare un percorso terapeutico prima che diventi quasi impossibile intervenire con successo.

Non dobbiamo dimenticare che ognuno di noi è unico, e sono proprio ed anche quelli che consideriamo difetti che ci rendono “irripetibili”. Non solo la nostra anima, ma anche il nostro corpo raccontano chi siamo e cosa stiamo vivendo.

Le parole di Anna Magnani, grande attrice del 900, vincitrice di un Oscar, cascano a pennello:

Io non mi curo mai di quello che sembro, di come gli altri mi vedono, sono così, come la mia vita, le mie speranze, le mie delusioni, le mie gioie e le mie infelicità mi hanno fatta. Lo sono senza riserve e senza ipocrisie”.

Testo a cura di Laura M.Lavagna (Medico Psicoterapeuta)

Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154