La luce del presepe sopravvive al grigiore del tempo
Si avvicina il Natale, il suo arrivo scandisce il trascorrere degli anni. Si usa dire infatti “un altro Natale è passato”. Puntuale con le sue aspettative di momenti di riposo, di gioia, ma anche di riflessione. Un giorno da trascorrere, quando possibile, con le persone più care. Tra i tanti riti che lo caratterizzano, quello forse più rappresentativo è la preparazione del presepe (Fig. 1).
La storia del presepe
ll presepe, o presepio, è una rievocazione figurata di un avvenimento molto importante nella storia dell’umanità: la nascita di Gesù. Il termine presepe deriva dal latino praesaepe, composto da prae (innanzi) e saepes (recinto), ovvero luogo che ha davanti un recinto. Un’altra ipotesi fa nascere il termine da praesepire cioè recingere. Un luogo, quindi, dove viene tenuto a dimora il bestiame.
Per scoprire quando e come è nata questa tradizione possiamo far riferimento innanzitutto al mondo dell’arte. Basti pensare, ad esempio, agli affreschi di Giotto la Natività e il Presepe di Greccio nella Basilica superiore di Assisi, risalenti agli anni a cavallo tra il 1200 ed il 1300. Tuttavia, si attribuisce a San Francesco di Assisi l’idea di rappresentare il presepe per la prima volta. Scrive il Santo: “Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. Tommaso da Celano nel testo Vita Prima San Francesco descrive la notte del 24 dicembre 1223 nei dintorni di Greccio, in Umbria – cittadina medievale arroccata a mezza costa della boscosa catena dei Monti Sabini. Egli scrive “è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia”.
Come abbiamo visto il presepe ha origine da tradizioni tardo antiche e medievali, ma è il Settecento il periodo in cui questa usanza raggiunge l’apice della sua fioritura, con declinazioni diverse a seconda delle varie regioni. È, tuttavia, singolare come quest’arte popolare abbia poi raggiunto nel corso del XVIII e del XIX secolo espressioni e rappresentazioni estremamente originali e ricercate all’interno dei salotti signorili. I nobili, infatti, all’epoca non badavano a spese e commissionavano ad artisti di fiducia lavori imponenti, realizzati con materiali pregiati.
È tradizione che fin dai primi giorni di dicembre in tantissime case si cominci ad allestire il presepe. Oltre naturalmente alle Chiese, la stessa cosa avviene in molti ambienti di lavoro e negli ospedali. In molte città è tradizione mettere in scena, la notte di Natale, rappresentazioni di presepi viventi (Fig. 2).
La simbologia
Ancora oggi sperimentiamo da parte dell’umanità questo “bisogno” di allestire il presepe. Non è solo un fatto materiale legato alle abitudini, assolutamente no. Vi è quasi un senso antropologico connesso a due aspetti fondamentali. Entrambi ben rappresentati nel presepe stesso.
Il primo è espresso nel canto che tutti conosciamo molto bene: “Tu scendi dalle stelle, o Re del cielo, e vieni in una grotta al freddo e al gelo. O Bambino mio divino, io ti vedo qui tremar; o Dio beato! E quanto ti costò l’avermi amato! A te, che sei del mondo il Creatore, mancano panni e foco, o mio Signore. Caro eletto pargoletto, quanto questa povertà più m’innamora, giacché ti fece amor povero ancora”. Il presepe mostra “al vivo degli occhi” l’umiltà e la povertà del figlio di Dio, le privazioni e le esclusioni che l’hanno accolto fin dalla sua nascita a Betlemme. La naturale inclinazione ad aiutare gli altri che troverà in San Francesco l’esempio più calzante. Quella medesima predisposizione che ritroviamo anche in molte donne e molti uomini del nostro tempo. Oggi infatti, non possiamo rimanere insensibili di fronte alla sofferenza e alle fragilità proprie del mondo che ci circonda. I popoli coinvolti nelle guerre, le malattie purtroppo non sempre curabili, la fame nel mondo e la solitudine di molte persone che vivono nei nostri quartieri.
Il secondo aspetto è legato invece ai soggetti raffigurati nel presepe. Oltre agli ‘attori’ principali, Gesù, Giuseppe, Maria e i Re Magi, c’è anche un gruppo di persone che assiste all’avvenimento davanti alla mangiatoia, al bue e all’asinello. Tra loro non ci sono benestanti, ma solo gente umile. Donne e uomini che hanno il cuore libero e che sono in grado di stupirsi di fronte ad un fatto così straordinario.
Luce per rivelarti alle genti (Luca 2,22-35). Anche la luce all’interno del presepe (Fig. 3) ha una simbologia ben definita. Gesù, il Verbo Incarnato, è nato per illuminare il nostro cammino sulla terra.
Questo significato è reso proprio attraverso la presenza dei pastori giunti a Betlemme dopo aver ascoltato dall’angelo l’annuncio della nascita di Gesù. Essi guardano verso l’interno della grotta senza entrare e con l’aiuto dei cani da pastore tengono insieme il gregge, assumendo così il ruolo di guida responsabile e vigile. Anch’essi come i Re Magi portano con sé i propri doni al Bambin Gesù, ben diversi dall’oro, dall’incenso e dalla mirra. Si tratta perlopiù di animali ed altri semplici oggetti che dimostrano come anche le persone umili vogliano contribuire come possono alla celebrazione della nascita del figlio di Dio. Ma chi sono i pastori? I pastori siamo tutti noi, gente comune in cerca della Luce Vera, in cerca della Fede.
È chiaro, quindi, che il preparare il presepe ancora oggi porta con sé un messaggio di speranza, in quanto rappresenta il desiderio di ognuno di noi di trovare conforto, consolazione, comprensione e salvezza lungo il proprio percorso. Un antidoto forse al grigiore del tempo che spesso offusca la nostra vista.
Oggi siamo seduti, alla vigilia
di Natale, noi, gente misera,
in una gelida stanzetta,
il vento corre fuori, il vento entra.
Vieni, buon Signore Gesù, da noi, volgi lo sguardo:
perchè tu ci sei davvero necessario.
(Alla Viglia di Natale, Bertolt Brecht)
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154