Oftalmopatia Basedowiana

L’ oftalmopatia basedowiana è un termine utilizzato per indicare una patologia oculare che deriva da una alterazione del corretto funzionamento di una delle più importanti ghiandole del nostro corpo, la tiroide.
E’, infatti, ormai accertato che sia l’ipotiroidismo e più frequentemente e in maniera più evidente l’ipertiroidismo autoimmuni possono determinare manifestazioni oculari caratteristiche.

Fisiologia
Prima di addentrarci nell’oftalmopatia tiroidea è utile dare dei cenni riguardo la fisiologia tiroidea. La tiroide è una piccola ghiandola situata nel collo e secerne gli ormoni tiroidei triiodotironina o T3 e la tiroxina o T4.
Questi ormoni sono secreti a seguito di complesse reazioni enzimatiche che avvengono dentro la ghiandola e che prevedono anche la captazione di iodio da parte della tiroide, iodio che verrà incorporato negli ormoni.
La produzione di questi ormoni è sotto il controllo dell’ipofisi anteriore dove risiede un nucleo che rilascia il TSH o ormone stimolante la tiroide. A sua volta l’ipofisi è regolata dall’ipotalamo che, tramite l’asse ipotalamo-ipofisaria, invia il TRH o ormone rilasciante la tireotropina.
L’ipotalamo, quindi, stimola l’ipofisi che a sua volta attiva la tiroide a produrre tali ormoni; è molto importante notare come siano proprio questi ultimi, raggiungendo una determinata concentrazione ematica, ad inibire, con un meccanismo definito a feedback, l’ipofisi e l’ipotalamo nel rilasciare ancora sostanze stimolanti la tiroide nella produzione di ulteriori quantità di ormoni.

Malattia di Graves o Basedow

Fisiopatologia
L’ipertiroidismo si verifica in numerose patologie tiroidee come l’adenoma tossico tiroideo, tiroiditi, ingestione eccessiva di ormoni tiroidei ecc, anche se la forma clinica probabilmente più nota anche per le ripercussioni oftalmologiche è quella della Malattia di Graves.
La malattia di Graves è una patologia autoimmunitaria caratterizzata da ipotiroidismo, gozzo diffuso, oftalmopatia e raramente dermopatia.
L’ipertirodismo e il gozzo sono causati da una iperstimolazione tiroidea da parte di auto-anticorpi diretti al recettore per il TSH con conseguente aumento di T3 e T4 circolanti. La causa della formazione di questi particolari anticorpi non è perfettamente nota anche se fattori predisponenti, quali predisposizione genetica legata a particolari alleli HLA, stress, fumo, legato particolarmente all’oftalmopatia, sesso femminile, periodo post-parto, effettuazione di particolari terapie con amiodarone, litio, interferone alfa e altri composti contenenti iodio, e una probabile perdita di un clone cellulare, forse geneticamente determinato, di un linfocita T soppressore specifico potrebbero spiegare la patogenesi di tale malattia, facilitando la proliferazione di linfociti B secernenti gli anticorpi su citati.

Clinica
Il paziente si presenta con intolleranza al caldopalpitazionidimagrimento con iperfagia, tremoreasteniaansietàlabilità emotivainsonnia, incapacità a concentrarsi e talvolta anche con oligomenorrea, disfunzione erettileginecomastia. E’ iperdinamico, spesso sudato, tachicardico, affamato, stanco.
L’1-2% dei pazienti presentano anche una dermopatia associata, che compare nei pazienti con il più alto tasso di anticorpi anti-TSH circolanti, e con un’oftalmopatia tiroidea manifesta. [4] Tale dermopatia è in genere localizzata nella porzione anteriore dello stinco (mixedema pretibiale) e si presenta come un edema duro con occasionali rash cutanei iperpigmentati e papule violacee.[4] In una buona percentuale dei pazienti con malattia di Graves si sviluppa anche un’oftalmopatia di vario grado e spesso con differente evoluzione da paziente a paziente.

Oftalmopatia tiroidea

L’oftalmopatia tiroidea deriva da quello che viene anche detto morbo di Von Basedow-Graves in quanto Graves fu il più preciso assegnando un ruolo primario eziologico alla tiroide, mentre Von Basedow fu il primo a descrivere gli aspetti oftalmologici con precisione.
L’oftalmopatia di Graves è la più frequente manifestazione extratiroidea e, purtroppo, a tutt’oggi resta un enigma da un punto di vista patogenetico e sicuramente un problema irrisolto da un punto di vista terapeutico.
Alcuni Autori preferiscono parlare di orbitopatia distiroidea poiché, oltre al già citato caso di pazienti con ipertiroidismo, si osservano pazienti con ipotiroidismo per tiroiditi di Hashimoto o altri che non presentano né hanno presentato in passato alterazioni tiroidee che sviluppano un quadro del tutto sovrapponibile all’oftalmopatia di Graves.

Fattori di rischio
La malattia di Graves e la sua conseguente eventuale oftalmopatia è una patologia multifattoriale.
Sono stati effettuati numerosi studi sull’eventuale correlazione della patologia con il riscontro di particolari segregazioni e/o polimorfismi genetici; è stata trovata una correlazione in un’elevata percentuale di soggetti affetti con i geni HLA-DR3 e HLA-B8 soprattutto nei caucasici, con HLA-DRw6 negli americani di colore, HLA-Bw46 nei cinesi e HLA-B35 nei giapponesi e negli europei, ma soprattutto è stata evidenziata una alterazione nei prodotti codificati dal gene HLA-D con la conseguente alterazione del complesso di istocompatibilità maggiore di seconda classe (MHC-II) espressi nelle cellule presentanti l’antigene (APC-cells). Tale anomalia è stata evidenziata sia nei tirociti umani che nei fibroblasti orbitari e determina una non corretta presentazione dell’antigene ad opera delle APC-Cells al linfocita CD4 che regola un po’ tutta la risposta immune contro l’antigene in questione. La disregolazione immunitaria crea probabilmente la selezione di cloni linfocitari particolari che iniziano e alimentano una reazione autoimmunitaria nei confronti di nuovi epitoti antigenici venutisi a generare nelle molecole suddette. Inoltre le molecole MCH-II sono fondamentali per eliminare correttamente i cloni linfocitari autoimmunitari e quindi un’alterazione di tali molecole potrebbe giustificare la selezione di un clone autoimmunitario linfocitario che potrebbe favorire la comparsa di una patologia immunitaria come la malattia di Graves.
La semplice correlazione genetica non soddisfa però tutti i criteri eziologici per cui si può concludere che sussistono altri fattori, anche ambientali, che possono aumentare il rischio dello sviluppo della malattia.
Tra questi età e sesso, infatti sembra che la oftalmopatia di Graves, soprattutto le forme più severe, è più frequente negli uomini rispetto alle donne anche se il motivo di questa prevalenza, se si eccettua il fatto che c’è una maggior percentuale di uomini fumatori rispetto alle donne, non è ancora noto.
Si sono evidenziate, inoltre, due fasce di età di maggior prevalenza che si aggirano per le donne tra i 40 e i 44 anni e tra i 60 e i 64 anni mentre per gli uomini tra i 45 e i 49 e tra i 65 e i 69 anni.
Tra i fattori ambientali più importanti si deve riscontrare il fumo.
E’ stato ormai accertato da numerosi studi che il fumo di sigaretta incrementa il rischio di sviluppare oftalmopatia nei soggetti con malattia di Graves. In più i soggetti fumatori tendono ad un peggior andamento dell’oftalmopatia con una maggiore frequenza verso forme più gravi e poco responsive alle terapie rispetto ai non fumatori.
In un recente studio su 253 pazienti PfeilSchifter e Ziegler hanno calcolato che i soggetti fumatori hanno un rischio di 1.3 volte maggiore ai non fumatori di sviluppare un’oftalmopatia clinicamente evidente, di 2.6 volte a sviluppare proptosi e 3.1 volte a sviluppare diplopia. Interessante è il fatto che tale rischio è associato ai soggetti che nel momento della diagnosi dell’oftalmopatia sono ancora fumatori piuttosto che agli ex-fumatori. La severità dell’oftalmopatia, inoltre, non sembra essere correlata alla dose di sigarette al giorno.
Il fumo tende anche a rendere meno efficace la radioterapia orbitaria e/o l’uso di alte dosi di glucocorticoidi sistemici, tecniche usate come terapie dell’oftalmopatia come vedremo meglio più avanti; i soggetti fumatori che rispondevano a tali terapie si aggira appena al 68% mentre i non fumatori che rispondevano raggiungevano anche il 94%.
Fumare tende anche a far aumentare il volume tiroideo e favorire la comparsa del gozzo, probabilmente per l’azione del tiocianato inalato col fumo che è una potente e ben nota sostanza gozzigena. Il fumo tende anche a far aumentare il titolo di anticorpi anti-tireoglobulina probabilmente per la elevata stimolazione dei recettori acetilcolinici e l’elevata somiglianza tra la tireoglobulina e l’acetilcolinesterasi, abbondante nelle giunzione neuromuscolari anche dei muscoli extraoculari.
Il modo con cui il fumo tende a far peggiorare l’oftalmopatia non è perfettamente noto.
Sicuramente vi è un effetto irritante diretto, tuttavia si evidenzia anche un ruolo sul microcircolo oculare, in quanto il fumo crea una sorta di ipossia nel tessuto orbitario che lo induce a rilasciare delle sostanze dette citochine che, con un’azione autocrina e paracrina, possono contribuire al progredire degli eventi fisiopatologici che descriveremo più in dettaglio più avanti.
Per ultimo, ma non per importanza, vi è lo stato di funzionalità tiroidea nei soggetti col morbo di Graves.
Se è, infatti, ormai accertato che l’ipertiroidismo in tale malattia è legato ad un peggioramento dell’oftalmopatia anche l’ipotiroidismo, ad esempio post trattamento dell’ipertiroidismo, può comunque peggiorare la situazione oculare. Anche in questo caso il motivo non è perfettamente noto, ma si presume che in fase di ipotiroidismo si produce una quantità maggiore di TSH per cui gli anticorpi diretti contro questa sostanza e contro il suo recettore aumentano incrementando il quadro clinico.
Occorre sottolineare come terapie di tipo ablativo della tiroide in fase di ipertiroidismo potrebbero migliorare la patologia non soltanto perché riduce i livelli di ormoni tiroidei e di TSH ma anche perché si riduce il tessuto tiroideo attaccabile dagli autoanticorpi e l’espressione delle molecole MHC-II citate in precedenza da parte dei tirociti alterati.
La conclusione di quanto detto è piuttosto logica e consiste nel mantenere quanto prima e quanto più a lungo possibile l’eutiroidismo, smettendo di fumare, con terapia farmacologia o chirurgica antitiroidea in fase di ipertiroidismo, somministrando L-tiroxina in caso di ipotiroidismo fino all’eutiroidismo e con altre tecniche che vedremo più in dettaglio quando ci occuperemo del trattamento di tale patologia.

Dott. Carmelo Arezzo, Endocrinologiaoggi.

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Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

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