I fiori: la natura che diventa arte

Si dice che ogni fiore porti in sé un suo significato unico e ben preciso fatto di profumi, forme ed ovviamente colori. Regalando, infatti, un mazzo di rose (Fig.1) piuttosto che di calle o di gerbere è possibile arricchire il proprio messaggio d’amore o di amicizia con ancora più sfumature. Quello che però non tutti sanno è che il linguaggio dei fiori, conosciuto anche come “florigrafia”, è stato una forma di comunicazione molto in voga nell’Ottocento durante il periodo del Romanticismo, anche se l’abitudine di attribuire un significato ai fiori è in realtà un’usanza ancora più lontana che risalirebbe al Medioevo ed al Rinascimento.

Fig. 1. Rosa rossa, Piazza Duomo Milano © Valentina Elia.

Ad oggi questa consuetudine è andata in parte perduta, ma alcuni fiori conservano tuttora un significato imprescindibile. Per esempio, la rosa è rimasta nel tempo il simbolo indiscusso dell’amore passionale, così come il glicine, la fresia ed il fiordaliso sono spesso associati all’amicizia, mentre la calla e l’orchidea alla bellezza.

A voler ben vedere anche il colore del singolo fiore può generare un’ulteriore sfumatura del messaggio che si vuole esprimere. Pensiamo al caso delle rose. Il colore rosso indica l’amore e la passione, l’arancione il fascino e la bellezza, il bianco l’innocenza e la purezza, il rosa l’amicizia ed il giallo la gelosia. Al contrario quindi di quanto si possa pensare, il linguaggio dei fiori è tutt’altro che semplice e può spesso veicolare delle emozioni impronunciabili a parole.

I fiori nell’arte: la nascita della natura morta

Il concetto di fiore inteso come oggetto di studio non si esaurisce esclusivamente nell’ambito della florigrafia. Le arti figurative, per esempio, non solo sono ricche di soggetti che rimandano al tema della natura, ma hanno anche il merito di aver trasformato quello che per anni è stato un semplice dettaglio, il fiore per l’appunto, nel protagonista assoluto di un’opera.

Pensiamo al genere della natura morta (Fig. 2), reso celebre a partire dal Medioevo. Questo stile è riuscito di fatto a portare in primo piano oggetti inanimati fino a quel momento considerati semplici decorazioni. Ma è in particolar modo dal XVII secolo con Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, che la natura morta va incontro ad un periodo di grande fortuna, espandendosi in tutta Europa. Dalle Fiandre e dall’Olanda fino a Spagna e Francia.

Fig. 2. Canestra di frutta, Caravaggio, 1997-1600, Pinacoteca Ambrosiana, by Jean Louis Mazieres.

Tra i diversi artisti che hanno saputo valorizzare con la propria arte il tema naturale possiamo inoltre citare Edouard Manet (Fig. 3a), il quale ha dedicato numerose opere ai fiori, rappresentandoli attraverso pennellate cariche di colore, contrasti e sfumature. Nello specifico, nell’attività di questo artista il tema floreale allude alla vanità, alla fugacità della vita e all’inafferrabilità del tempo.

In Gustav Klimt (Fig. 3b), invece, si avverte una vera esplosione di colore che riempie interamente la tela, creando un tutt’uno tra l’uomo e ciò che lo circonda. Con Marc Chagalle, infine, si riprende il tema della natura morta, caro a Caravaggio, ma lo si rappresenta con una vesta completamente rinnovata, in un clima tutt’altro che realistico quasi a voler rappresentare la dimensione onirica.

Fig. 3a. Fiori in un vaso di cristallo, Edouard Manet, 1882, National Gallery of Arts, by Gandalf’s Gallery.
Fig. 3b. Giardino di campagna con girasoli, Gustav Klimt, 1906, Galerie Belvedere, by bm.iphone.

I Girasoli di Vincent Van Gogh

Un altro esempio che vale la pena prendere in considerazione in questa breve carrellata è quello offerto dal pittore olandese Vincent Van Gogh con la sua serie di dipinti I Girasoli (Fig. 4), realizzata tra il 1888 e il 1889 per decorare la camera dell’amico Paul Gauguin che di lì a poco l’avrebbe raggiunto in Provenza.

Fig. 4. Vaso con quindici girasoli, Vincent Van Gogh, 1889, Van Gogh Museum, Pixabay.

In ognuno dei dipinti che compone la serie, i girasoli si trovano al centro della scena e sono rappresentati alcuni nel pieno della loro bellezza, altri sotto forma di bocciolo o mentre stanno per sfiorire. Ad ogni modo, stando a quanto emerso dallo scambio epistolare tra il pittore e suo fratello, il girasole pare essere stato per Van Gogh simbolo indiscusso di gioia ed ottimismo. Dal punto di vista compositivo, i fiori sono resi attraverso grandi pennellate gialle e contorni ben marcati. I vasi, il piano e lo sfondo, invece, sono sempre bidimensionali e creano un forte contrasto con la profondità dei girasoli.

Andy Warhol e la Pop Art

È interessante, infine, osservare come il tema floreale segua nell’arte un andamento circolare, in quanto nel Novecento con la Pop Art (Fig. 5), i fiori tornano ad essere semplici oggetti. Essi, infatti, diventano proprio come all’inizio puri elementi decorativi, rappresentati con immagini piatte e fredde ed esplosioni di colore.

Fig. 5. Fiori, Pop Art, Pixabay.

In un certo senso, è come se gli esponenti di questa corrente artistica, primo fra tutti Andy Warhol, non avessero mai toccato né annusato un fiore nella vita reale e si siano limitati a ridurli ad una rappresentazione bidimensionale in “stile carta da parati”.

Ma che cosa sarebbe il mondo in cui viviamo senza fiori? Su che cosa poggerebbero lo sguardo i nostri occhi in cerca di bellezza quando fuori arriva la primavera?

Per provare a rispondere a queste domande, pensiamo a quando per la prima volta nella sua storia l’uomo ha visto sbocciare un fiore. Ecco, avremmo mai potuto rinunciare ad una tale meraviglia? 

Ogni fiore che sboccia ci ricorda che il mondo non è ancora stanco dei colori.
(Fabrizio Caramagna)

Veronica Elia

Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

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