I cromofori: colori, come su una “tavolozza di un pittore”, per dipingere la natura
Nell’articolo “I colori della natura: il cielo e il mare” ci siamo concentrati sulla luce solare che irradia il cielo e il mare, soffermandoci in particolare sui fenomeni fisici (l’assorbimento, la diffusione e la riflessione) che determinano il colore di tali elementi.
In quest’occasione, parleremo invece dei cromofori naturali (dal greco antico: χρῶμα chrṓma, colore, φορός phorós, portare, portatore di colore), vale a dire, in senso molto ampio, di quelle sostanze presenti in natura che assorbono e riflettono le radiazioni elettromagnetiche, determinando il colore della “struttura” e dei sistemi dove le stesse risiedono. A volere essere più “tecnici”, per cromofori s’intende un gruppo di atomi presenti all’interno di una molecola, responsabili del colore della stessa. (I. Rau, F. Kaizar, M. Anton, A. Simion, C. Simion. Natural extracts: potential chromophores for multiple applications (Conference Presentation). SPIE Opto, 2019, San Francisco, California, United States).
Non è semplice, lo sappiamo. Procediamo per gradi.
Il colore di ciò che noi guardiamo dipende dall’interazione della radiazione luminosa con la composizione molecolare della sostanza. Un cromoforo, infatti, aggiunge colore a una molecola a causa della natura degli atomi coinvolti e del modo in cui sono legati tra loro.
Pertanto, come meglio vedremo nel prosieguo del testo, i colori naturali non sono immutabili: cambiano in base alla luce e rispondono alle variazioni dell’ambiente; diversamente dai colori sintetici, la cui tonalità resta inalterata, quelli naturali sono pieni di energia, vividi e unici (e, peraltro, aspetto di non poco conto, sostenibili e non inquinanti).
Facciamo un esempio molto semplice.
Un oggetto è “bianco” perché riflette tutte le lunghezze d’onda, un altro è “rosso” perché riflette solo la parte rossa dello spettro mentre l’oggetto “nero” assorbe tutta la luce incidente (Fig. 1).
Qualche nozione fisica
Nel caso di sistemi di natura organica, come i tessuti di una foglia oppure quelli di una carota, la presenza di diversi cromofori fanno sì che la luce possa essere in parte assorbita e in parte riflessa (F. Delgado-Vargas, A. R. Jimènez, O. Paredes-Lòpez. Natural pigments: carotenoids, anthocyanins, and betalains–characteristics, biosynthesis, processing, and stability. Crit. Rev. Food Sci. Nutr, 40(3):173-289, 2000).
Per illustrare meglio tale concetto concentriamoci sulla Figura 2, dove possiamo vedere riportati, sull’asse orizzontale, lo spettro della radiazione elettromagnetica (la luce) tra circa 350 e circa 700 nm, ovvero nell’intervallo del visibile; sull’asse verticale la percentuale di assorbimento della radiazione luminosa. La curva arancione si riferisce all’assorbimento della luce da parte dei carotenoidi di cui un rappresentante, il β-carotene, è riportato in alto a sinistra. Occorre evidenziare come i picchi di assorbimento siano compresi nell’intervallo 350-550 nm, con la conseguenza che la luce che viene riflessa è quella giallo-arancio (lunghezza d’onda, λ, > 550 nm). Per questo motivo i tessuti vegetali che contengono i carotenoidi (per esempio le carote) appaiono arancioni (Erich Grotewold. The genetics and biochemistry of floral pigments. Ann. Rev. Plant. Biol. 57:761-80, 2006).
Nella figura 2 si evidenziano anche i picchi di assorbimento della clorofilla-b la cui struttura è in alto a destra. Ci sono diversi massimi di assorbimento nell’intervallo tra 400 e 500 nm e tra 600 e circa 700 nm. Non c’è alcun assorbimento intorno ai 570 nm, ovvero la lunghezza d’onda della luce di colore verde. Il risultato è che i tessuti vegetali che contengono la clorofilla-b appaiono di colore verde. Quando la clorofilla si degrada spariscono i massimi di assorbimento descritti e la colorazione delle foglie vira al giallo-arancio-rosso.
A questo punto, partendo dal presupposto che il colore di piante, fiori e animali, è causato dalla presenza in natura di specifiche molecole e all’interazione che queste hanno con la luce che le colpisce, cerchiamo di confrontare queste regole scientifiche con la realtà che osserviamo quotidianamente.
Perché ai nostri occhi le foglie sono verdi durante la primavera?
Come abbiamo visto questo dipende dalla clorofilla (dal greco χλωρός, chloros = verde e φύλλον, phyllon = foglia), sostanza vitale per la fotosintesi (cloroplasta), che permette alle piante di ottenere energia dalla luce (Fig. 3). La clorofilla è contenuta in tanti granelli verdi sulla superficie della foglia e assorbe le radiazioni rosse e blu e riflette la lunghezza d’onda del verde (Y. Tanaka, N. Sasaki, A. Ohmiva. Biosynthesis of plant pigments: anthocyanins, betalains and carotenoids. The Plant Journal, 54(4):733-49, 2008).
Perché in autunno le foglie diventano gialle e rosse?
In autunno, a causa della diminuzione della durata delle ore di luce diurne e dell’escursione termica, la clorofilla contenuta nelle foglie va esaurendosi facendo svanire quindi il colore verde. La foglia diventa innanzitutto più sottile consentendo la visibilità di altre sostanze come la xantofilla e altri carotenoidi, che riflettono la lunghezza d’onda del giallo, dell’arancio e del rosso (Fig. 4). Inoltre, prima di staccarsi e cadere al suolo (Fig. 5), le foglie – ormai quasi totalmente prive di vita – perdono i pigmenti più accesi, lasciando i tannini, che riflettono un colore marrone.
Nella figura 6 vediamo ben rappresentate le sostanze che riflettendo la luce incidente, determinando il colore delle foglie così come noi lo vediamo.
I cromofori determinano anche il colore dei fiori?
Parlando di colori della natura, non si può certo tralasciare l’affascinante mondo dei fiori. Sul mercato troviamo una palette infinita di tonalità, alcune delle quali però sono il frutto di moderne tecniche di ingegneria e non certo espressione delle potenzialità della natura.
Qui vogliamo concentrarci sui colori naturali.
Il colore dei fiori è determinato fondamentalmente dal tipo, dalla quantità e dalla stabilità dei pigmenti (cromoplasti) presenti nei loro tessuti e dal loro pH (Tsukasa Iwashina. Contribution to flower colors of flavonoids including anthocyanins: a review. Nat. Prod. Commun. 10(3):529-44. 2015). I pigmenti maggiormente responsabili del colore dei fiori sono:
- i flavonoidi: generalmente interessano le colorazioni dei fiori rosa, rosso, arancio, scarlatto, porpora, blu, blu scuro e, in qualche caso, anche giallo. Tra i flavonoidi più comuni, solo i calconi e le antocianine hanno colori significativi, e queste ultime rappresentano i pigmenti più diffusi nel regno vegetale. Le antocianidine (dal greco “anthos – kyanos”, letteralmente “fiore blu”) sono responsabili del caratteristico colore rosso-arancio e blu-violetto di molta frutta e verdura. Infatti, alimenti ricchi di antocianine sono ad esempio frutti di bosco, uva, cavolo rosso e le varietà di mais “colorato”, come il mais nero e il mais rosso (cfr. figura 7). Le antocianidine più facilmente rintracciabili sono: i) la pelargonidina, che definisce i colori arancio, rosa o rosso. Tale pigmento gioca un ruolo fondamentale nel colore del geranio domestico (Fig. 8a) il cui nome latino è non a caso Pelargonium.; ii) la cianidina, che definisce il rosso e il malva. In soluzione acida si presenta di colore rosso, come nel fiore del papavero (Fig. 8b), Papaver rhoeas comunemente noto come papavero comune o rosolaccio, specie largamente diffusa in Italia, cresce normalmente ai bordi dei campi coltivati; iii) la delfinidina, che definisce il porpora, blu o blu scuro;
- i carotenoidi: determinano le colorazioni gialle, arancio e rosse. Di tale gruppo merita, senza dubbio, un richiamo lo zafferano, la nota spezia che si ottiene da stigmi del crocus sativus, una pianta della famiglia delle iridacee originaria della Grecia e dell’Asia minore (Fig. 9). La composizione chimica dello zafferano è stata studiata in dettaglio da vari autori; le analisi chimiche hanno dimostrato la presenza di oltre 150 componenti. Ciò che però conferisce alla spezia il caratteristico “colore Zafferano” (Fig. 10) è la Crocetina, un caretonoide caratterizzato da due gruppi carbossilici e di crocina;
- le betacianine: determinano i colori giallo, arancio, rosso e porpora nei tessuti fiorali solo di poche specie di piante; in sostanza, hanno un peso molto limitato nella pigmentazione dei fiori;
- nonché, in una certa misura, anche la clorofilla.
Si badi però la manifestazione del colore viene poi influenzata da molti fattori esterni, come la luce, la temperatura, gli zuccheri, i metalli, ecc. (M. Daviesk, E. Schwinnk , 1997. Flower colour, Biotechnology of Ornamental Plants, eds. R.L. Geneve, J.E. Preece and S.A. Merkle, CAB International: 259-294; R. J. Griesbach, 2005, Biochemistry and Genetics of Flower Color. Plant Breeding Reviews, 25: 89 -114.2005).
I numerosi fenomeni e le differenti concause che sono alla base del colore dei fiori rendono tale argomento tanto affascinante, quanto inesauribile e in un certo senso misterioso.
D’altronde, a pensarci bene, la natura stessa è un grande enigma e noi uomini ne facciamo parte. Ciò che vediamo, ciò che siamo, è il risultato di una serie di elementi soggettivi, oggettivi, conosciuti o ancora ignoti.
Conclusioni
Per i fisici il colore è un fenomeno misurabile. Questo è ciò che può accadere in un laboratorio, ma nella realtà non è così. Come richiama il titolo, nel nostro meraviglioso mondo esistono i cromofori, queste sostanze “portatrici di colore”, che la natura ha creato come su una tavolozza di un pittore, perché noi potessimo apprezzarne la sua bellezza.
Possiamo, quindi, dire che non è tutta una questione di “lunghezza d’onda”; i colori della natura e le capacità elaborative dell’osservatore sono fondamentali quando ammiriamo il “dipinto” che l’universo ci mostra.
Occhiocapolavoro
Dott. Giuseppe Trabucchi – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica
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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154