Il cane guida e il cieco: una storia antica

La relazione speciale che esiste tra il cane e l’uomo è descritta fin dall’antichità. Questa simbiosi trova però la sua massima espressione nel rapporto tra il cane e l’uomo ammalato. Sono innumerevoli gli esempi in cui il cane supporta con le sue azioni la persona affetta da handicap; tra questi il più toccante è, a mio dire, il cane guida che aiuta l’ipovedente durante il cammino. Chi è affetto da cecità si avvale da secoli dell’assistenza di un compagno a quattro zampe, capace di guidare il padrone per strada, di avvertire per lui eventuali pericoli e, in alcuni, casi di proteggerlo.

Una relazione così tanto nobile che ha trovato “spazio” anche nell’arte e nella letteratura, come possiamo cogliere di seguito.

Fig. 1. Mendicante cieco con cane guida. Pompei. Affresco I Secolo.

Una rappresentazione di questa meravigliosa sinergia si può rinvenire in un murale del I secolo d.C. tra le rovine di Ercolano romana (Fig. 1), dove vediamo raffigurato sul muro di una casa un cieco con un bastone apparentemente guidato da un piccolo cane (Robert Harris, Pompei, Mondadori Editore, Milano, 2005). Un’immagine molto toccante forse più per il valore archeologico che per una evidenza reale circa l’argomento che stiamo affrontando ma che in ogni caso ci permette di cogliere la presenza nell’arte della relazione tra uomo e animale.

Un dipinto dal significato molto più immediato è custodito presso il Metropolitan Museum di New York (Fig. 2). Si tratta del dipinto cinese “Spring on the Yellow River” raffigurante un uomo cieco guidato da un cane nella Cina del XIII secolo (Gerald A. Fishman. When Your Eyes Have a Wet Nose: The Evolution of the Use of Guide Dogs and Establishing the Seeing Eye. Survey of Ophthalmology 48, no. 4 452-58, 2003).

Fig. 2. Dipinto Cinese XIII secolo, Spring on the Yellow River. Uomo ceco con cane guida. Metropolitan Museum, New York.
Fig. 3. Decretals of Gregory IX with gloss of Bernard of Parma (the 'Smithfield Decretals'). British Library Royal Ms 10 E IV Fol. 110.

Evidenze ancora più concrete le troviamo in alcuni manoscritti del XIII e XIV secolo con raffigurazioni che mostrano cani guida in compagnia di non vedenti. Tra questi possiamo citare il Liber extra o Decretalium Gregorii IX compilatio, un testo di diritto canonico che Papa Gregorio IX fece redigere nel 1234, dove viene riportata un’immagine (Fig. 3) che rappresenta un cieco che si regge ad un bastone ed è guidato da un cane. Un elemento interessante è l’abito indossato dal cieco, che appare rattoppato, a dimostrazione della sua povertà, della sua solitudine e del suo essere escluso.  Questa circostanza evidenzia ancora di più la profonda relazione esistente tra l’uomo e il cane; quest’ultimo, infatti, costituisce per il povero uomo il compagno di vita, il suo unico supporto e la sua guida.

Tra le illustrazioni di cani guida che sono state identificate nel periodo medievale, molte provengano da libri di preghiere. Troviamo nel Libro d’Ore, The Maastricht Hours, dell’inizio del XIV secolo scritto in latino e francese, un cieco che riceve la vista da Cristo mentre il suo cane lo guarda (Fig. 4). Anche in questo caso il cieco sembra essere un mendicante e si può quasi intuire l’animo caritatevole dell’animale (Mosche Barasch. Blindness: The History of a Mental Image in Western Thought. Routledge, London 2001). 

Fig. 4. Book of Hours, The Maastricht Hours. British Library Stowe MS 17, Fol. 135.
Fig. 5. Il violinista cieco, 1631, Rembrandt Van Run, National Gallery of Art, Washington, DC.

Dal XV secolo in poi troviamo una notevole serie di incisioni, disegni e dipinti di ciechi con cani. Tra tutti merita senz’altro una nota il  disegno di Rembrandt (Fig. 5) raffigurante un violinista cieco con un piccolo cane al guinzaglio ed un’acquaforte di Callot illustrante un cieco con il suo cane (Fig 6).

Nelle opere di questo periodo possiamo cogliere alcune caratteristiche comuni: 1) I cani sono troppo piccoli per condurre padroni ed evitare i pericoli; 2) I cani sono attrezzati con guinzagli flessibili più adatti a controllare i movimenti dell’animale piuttosto che guidare il non vedente; 3) gli uomini utilizzano lunghi bastoni; 4) sono tutti uomini e almeno apparentemente, mendicanti o musicisti vagabondi.

L’impressione che ne deriva è che la presenza del cane “cosiddetto guida” vuole evocare il ruolo di accompagnatore del cane ma mettendo in luce la difficoltà dello stesso (e della società) di cogliere e assecondare le reali necessità dell’ipovedente. Non a caso la figura del cieco veniva spesso accomunata all’immagine d’indigenza: una sorta di richiamo biblico alla condizione di emarginazione sociale, di stato di abbandono, cui sono costretti gli uomini considerati diversi.

Fig. 6 Il cieco e il suo cane, 1622, Jacques Callot, Collection de la Bibliothèque National de France, Parigi.

I primi tentativi di adattare i cani a una disciplina sistematica e metodica si hanno a partire dal 1780 presso l’Ospedale per Ciechi di Parigi. Nel 1819, padre Johann Wilhelm Klein, direttore dell’istituto per ciechi di Vienna, nel suo manuale Textbook For Teaching The Blind fu il primo ad affermare che un rigido bastone attaccato all’imbracatura di un cane guida avrebbe consentito al suo padrone un senso più preciso del movimento rispetto a un guinzaglio flessibile (Putnam PB: Love in the Lead: The Miracle of the Seeing Eye Dog. Lanham, MD, University Press of America, 1997).

Successivamente, nei primi secoli del Novecento, anche la Germania, conscia dell’apporto positivo del cane Pastore tedesco alla mobilità umana, affida 500 cani ai reduci di guerra che avevano perso la vista. Di pari passo, iniziano a sorgere i primi centri per l’addestramento (Lineham EJ. Dogs work for man. National Geographic 114:190–233, 1958). Nel 1927, Dorothy Harrison Eustis, nota addestratrice statunitense di cani per la polizia e proprietaria di un allevamento di pastori tedeschi, trasferitasi in Svizzera in seguito alla morte del marito, si reca a Postdam per osservare in che modo i cani venissero impiegati per aiutare l’uomo. La donna rimase affascinata e così decise di rilasciare un’intervista al The Saturday Evening Post (Fig. 7a, 7b) proprio sull’impiego dei pastori tedeschi come cani-guida dei veterani che avevano perso la vista a causa dell’iprite, il cosiddetto “mustard gas” (The Seeing Eye By Dorothy Harrison Eustis, Saturday Evening Post, Indianapolis, IN November 5, 1927).

Fig. 7a. The Seeing Eye By Dorothy Harrison Eustis, Saturday Evening Post, Indianapolis, IN November 5, 1927.
Fig. 7b. The Seeing Eye By Dorothy Harrison Eustis, Saturday Evening Post, Indianapolis, IN November 5, 1927.

Quell’articolo cambiò per sempre la vita delle persone non vedenti di tutto il mondo. La risposta da parte dei lettori fu enorme e tra questi ci fu anche la lettera di Morris Frank, un giovane venditore di assicurazioni residente a Nashville, negli Stati Uniti, che nel 1924, all’età di 16 anni, aveva perso la vista da un occhio durante un incontro di boxe. Nella sua lettera Franck scriveva “Migliaia di persone non vedenti come me detestano essere dipendenti dagli altri. Aiutami e io ti aiuterò a istituire delle scuole per l’addestramento di cani guida anche qui in America”. Queste parole suscitarono le emozioni di Dorothy Eustis, la quale non perse tempo e, dopo aver invitato Frank in Svizzera, iniziò con lui la fase di addestramento. Al termine del percorso l’uomo tornò a Nashville con il suo amico a quattro zampe e Dorothy Harrison Eustis lo raggiunse, fondando insieme a lui la scuola di addestramento per cani guida che, ancora oggi, conserva il nome Seeing Eye, Inc. ed è la più antica istituzione presente in America.

Nel nostro Paese, l’Unione Italiana Ciechi, istituita a Genova nel 1920, prese contatto con la scuola svizzera di Dorothy Eustis e iniziò una collaborazione che portò alla nascita della Scuola di Firenze. Insieme alla scuola statunitense Seeing Eye, risulta essere la scuola per cani guida più antica tuttora in attività.

In Italia, attualmente, sono tre le scuole affiliate alla Federazione Internazionale delle Scuole per il Cane Guida dei Ciechi (IFGDSB – International Federation of Guide Dog Schools for the Blinds), che quindi seguono standard collaudati e precisamente: il Centro Regionale Helen Keller dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Messina, la Scuola nazionale cani guida per ciechi di Scandicci, vicino a Firenze e il Servizio cani guida dei Lions di Limbiate, alle porte di Milano. Le prime due sono pubbliche, la terza è privata, ma tutte forniscono gratuitamente i cani guida ai non vedenti che ne facciano richiesta. La più antica è quella di Scandicci, nata nel 1929 ad opera dell’Unione Italiana dei Ciechi e dal 1979 diventata servizio della Regione Toscana.

Per ulteriori e più dettagliate informazioni vi invito a consultare i siti inerenti questo argomento in modo particolare quello dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – ONLUS-APS.

Addestramento del cane guida

Un cane guida deve imparare a guidare in linea retta, a distinguere la destra dalla sinistra e a evitare o, quantomeno, segnalare gli ostacoli di qualunque tipo – a livello del terreno, laterali e ad altezza testa; deve essere in grado di identificare strisce pedonali, scale, porte, e riconoscere biglietterie, sedili liberi e mezzi pubblici, nonché comprendere ed eseguire prontamente almeno una trentina di comandi. Al termine dell’addestramento l’animale viene sottoposto ad esame da parte di un incaricato dell’Assicurazione per l’invalidità, che studia un percorso di prova attraverso il quale il cane deve essere in grado di guidare l’istruttore opportunamente bendato. I Pastori tedeschi furono i primi cani ad essere sistematicamente impiegati per tale attività; ciò in quanto molto rispettosi e obbedienti, tanto da essere considerati “la razza da lavoro per eccellenza” e quindi predisposta per natura all’addestramento. Non a caso la loro presenza è preponderante anche nell’Esercito e dalle Forze dell’Ordine. Tuttavia, il Pastore tedesco, in ragione del carattere tendenzialmente introverso e del legame profondo che instaura con l’istruttore, patisce il distacco da quest’ultimo quando deve passare al non vedente. Inoltre, nonostante tali cani offrano protezione, la loro stazza imponente può creare in alcuni casi una certa diffidenza e timore; sentimenti che possono incidere sulla propensione della collettività ad accogliere il non vedente guidato dal cane. A fronte di ciò, l’addestramento è stato esteso anche (e soprattutto) ad altre razze, come labrador e golden retriever, considerate più energiche, estroverse e giocose.

Le razze considerate più adatte

Dalle percentuali indicate dalla Federazione nazionale cani guida per ciechi, oggi, le razze impiegate sono, per il 70% Labrador retriever, per il 25% Golden retriever (Fig. 8) e per il rimanente 5% Pastore tedesco. Negli ultimi dieci anni la scelta si è orientata verso le prime delle due razze citate non solo per il loro carattere più socievole, ma anche per la loro attitudine e per l’aspetto simpatico che le caratterizza; caratteristiche queste che incontrano il favore e la simpatia della popolazione. Infatti, si è notato che all’ingresso in un luogo pubblico, tali razze creano meno timore nelle persone presenti e questo contribuisce a mettere a proprio agio il non vedente, che viene a sua volta accolto con maggiore facilità.

Fig. 8. Golden retriever

Conclusioni

Il rapporto che esiste tra l’uomo e il cane è basato sulle qualità particolari che entrambe le creature hanno. L’uomo ha una necessità di relazione sociale che è fondamentale per la sua salute ed il cane con la sua capacità empatica sa riconoscere il modo migliore per vivere con il suo amico uomo.  Il cane capisce quando c’è qualcosa che non va. Si avvicina al suo amico a due zampe quando lo vede triste e gli offre tutto il supporto di cui ha bisogno solo con la sua calda presenza. L’empatia è una peculiarità del cane: sa cogliere il nostro linguaggio del corpo e comprendere il nostro stato d’animo, riuscendo a modo suo a darci affetto e sostegno in ogni situazione. Nel caso del cane guida emergono le caratteristiche fisiologiche molto peculiari: l’olfatto, il senso di orientamento, la pazienza e la capacità di adattarsi a situazioni anche pericolose.

Nei confronti degli uomini non vedenti i cani consentono loro di avere un elevato grado di mobilità individuale. Questo «muoversi» come squadra e il fatto di avere il cane come compagno affidabile aiutano le persone ipovedenti o non vedenti anche a costruire più contatti sociali, contribuendo così a una migliore salute fisica e mentale. Non è escluso che in un prossimo futuro il cane guida possa essere sostituito dalla tecnologa; ciononostante, come ho raccontato in questo breve articolo, il rapporto tra l’uomo ed il suo amico cane non cesserà mai.

Occhiocapolavoro

Dott. Giuseppe Trabucchi  – Medico Chirurgo – Specialista in Clinica e Chirurgia Oftalmica

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Iscrizione Ordine dei Medici Chirurghi di Milano n. 25154